martedì 23 agosto 2016

SAGGIO (Il Destino e l'Anima)


Il Destino e l’Anima

A ridosso di Mercogliano si tiene durante l’estate, nel mese di luglio, la Rassegna Internazionale di Orchestre nella stupenda Abbazia di Loreto di Montevergine. L’ampiezza e la circolarità del grande cortile, i tenui colori bianco e ocra chiaro, la perfezione dell’acustica, lo scenario del monte Partenio sono una cornice veramente rara per ospitare l’arte della Musica.
Pur soffrendo per il freddo umido serale, ogni anno vi partecipo, non tanto per ascoltare i pezzi in programma, quanto per subirne una particolare suggestione che non può darmi lo stereo di casa mia. La Musica ha la capacità di provocare ogni volta nuove emozioni e riflessioni, ancor più nell’età longeva, quando si ha un lungo passato alle spalle, a cui i giovani – forse è per questo che non sono attratti dalla musica classica – non hanno la possibilità di attingere per provare nostalgie, per essere investiti da flash di rimpianti o di mestizia, o dai numerosi fotogrammi gioiosi o tristi di una vita per la maggior parte vissuta.
A pensarci bene, anche nella mitologia appare come l’unica arte che sia riuscita a far tornare dall’Oltretomba una persona defunta, come Euridice, che Plutone, commosso ed impietosito dalle sublimi melodie della lira di Orfeo, riconsegnò al suo inconsolabile amante. Un mito che ci fa anche capire quanto grande sia stata la musica greca e che cosa abbiamo perduto perché mancava ai tempi di Omero un metodo di notazione musicale. Anche nella filosofia la ritroviamo come l’arte che Platone pone al di sopra di quelle figurative, per essere l’unica capace di esprimere col canto degli aedi pensieri e sentimenti e quindi di attingere idee universali, senza passare attraverso l’imitazione della realtà sensibile.
Nell’Andante con moto del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, che ho ascoltato in una tiepida sera della scorsa estate, a differenza del solito schema in cui le masse orchestrali riprendono, spesso alternandosi con un crescendo di vigore e di pienezza, i due temi svolti dallo strumento e dall’orchestra sono diversi, si contrappongono e si contrastano in un’atmosfera dapprima malinconica, poi profonda e drammatica, alla fine liberatrice e serena. Lo stesso Beethoven aveva parlato, a proposito del contrapporsi di questi due temi, come di una lotta tra la forza cieca ed imperscrutabile del Destino che determina il corso della nostra vita, e l’Anima, la nostra parte più nobile, che soffre le vicende della sorte ma riesce a risollevarsi.
Ed invero, su un flebile, timido e malinconico tema iniziale del piano l’orchestra incombe con poderosa drammaticità, interrompe il canto dell’Anima, lo sovrasta, lo zittisce perentoriamente più volte, ma non riesce ad annientarlo, perché esso riprende, come se cercasse un dialogo, che però non gli è ancora reso possibile dagli archi che irrompono più volte, troncando impietosamente un lirismo che pare implorare un suo spazio vitale. Fino a quando, mentre gli stacchi dell’orchestra attenuano il tono, la melodia comincia a crescere, si scioglie e si libera da qualcosa che l’opprimeva e finalmente si slancia nella espressione della completezza del suo tema, con una insistenza che sa della consapevolezza di una superiorità che ha vinto.
Il dialogo tra il Destino e l’Anima è una tematica tipica della poetica beethoveniana, culminante nella celeberrima Quinta Sinfonia, ma presente già, in embrione, nel tema del primo tempo del Quarto concerto, che comincia appunto con tre gruppi di quattro note ciascuno (fa-fa-fa-/mi-mi-mi-/-fa-fa-fa-fàdiesis---sòl), alquanto simili alle quattro note con cui ha inizio la Quinta, la cui numerazione (op. 67) è peraltro di poco successiva all’op. 58 del Quarto Concerto per pianoforte. Anche qui, dunque, una vittoria contro la durissima avversità della sordità che lo aveva colpito, conducendolo a un passo dal suicidio, dal quale lo aveva salvato soltanto l’amore per la Musica.

                                                                   Gennaro Iannarone




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