“ HUMAN,
NON HUMAN, POST
HUMAN ”
(Saggio su una nuova visione
dell’Umano)
A cosa ci riferiamo oggi quando
parliamo di “Umano”? L’ “Umano” rimanda ancora alla stessa categoria
epistemologica di un secolo fa o di un millennio fa? Non è del tutto infondata
l’ipotesi che oggi si abbia a che fare, nell’Occidente industrializzato, con
strutture sociali, economiche, cognitive, psicanalitiche, linguistiche ed
artistiche diverse da quelle fin qui adoperate per sostantivare l’ “Umano”. Le
nuove strutture sembrano essere:
· Prevalenza dei meccanismi psichici di
scissione su quelli di negazione (questi ultimi caratteristici
del “Non umano”, che ha caratterizzato il pensiero filosofico e
l’organizzazione economica e civile degli ultimi due secoli): si tratta qui di una
scissione particolare, di una scissione accompagnata dalla cancellazione del
materiale psichico scisso, forse perché manca l’organizzazione di un Sé coeso.
Questa particolare forma di scissione potrebbe spiegare la frequenza di omicidi
ed eccidi odierni, commessi con fatuità e premeditazione.
· Confusione psichica geografica (D.
Meltzer) fra oralità ed analità. Pare che oggi l’oralità
individuale e sociale abbia qualità cannibaliche, ovvero non sia mirata a
nutrire il Sé ma a distruggere evacuando: come spiegare altrimenti l’avidità
distruttiva dell’Occidente verso molteplici socio-ed ecosistemi terrestri?
· Perdita della dimensione del privato,
del dentro, dell’ “in sé”, perdita
sostenuta dallo svuotamento pulsionale del Sé: è inquietante osservare come sia
facile, e non desti vergogna, parlare del proprio privato per strada, al
telefono, nei talk show, ecc.
· Perdita della capacità dia-lettica,
prevalenza del discorso assertivo (pubblico e privato), di strutture
paratattiche (sociali e conoscitive) su strutture ipotattiche; sostituzione
della risposta tipo “io credo” con quelle tipo “sì, no”; scomparsa del soggetto
al principio della frase; emergenza di organizzazioni linguistiche confuse
(idiomi internet) che testimoniano di un accostamento di superfici psichiche
più che di uno scambio relazionale;
· Scomparsa degli attributi
urbanistici, ecologici, genetici e biologici che hanno, fino ad oggi, definito
(o negato) l’ “Umano”. Dovremmo riflettere su cosa vogliamo per il nostro
futuro: potremmo voler vivere in una sorta di serra di plexigass, inalando una
miscela gassosa artificiale, respirando con organi corporei modificati
geneticamente?
· E la clonazione, prima di essere possibilità biotecnologica, non
manifesta un’aspirazione, ormai post-human, alla replicazione per gemmazione
gemellare, più che all’evoluzione per scambio relazionale com’è stato finora?
· Emergenza di nuove categorie
giuridiche: può ancora l’uomo di oggi essere giudicato con categorie giuridiche
e penali che fondino la colpevolezza o l’innocenza sulla consapevolezza o meno
del reo? Come parlare di consapevolezza (e di colpevolezza) se l’inconscio, come finora definito dalla
psicanalisi, sta diventando, più che un luogo di pulsioni e rappresentazioni
rimosse, una modalità di funzionamento border-line della mente?
· Strapotere dell’intermediazione: l’enorme potere e gli enormi profitti del
“mediatore” (mobiliare, immobiliare, finanziario, culturale, amministrativo,
giuridico, familiare, insomma tutti coloro che campano interponendosi tra due
termini non più in relazione diretta, fra un produttore ed un fruitore), non è
espressione di un’alienazione nuova per l’uomo? Soprattutto se consideriamo
che, per la prima volta nella storia umana, a porsi come mediatrice non è una
nuova classe sociale ma la tecnica, una struttura-funzione impersonale ed
autoriproduttiva?
Dott. Enzo Lamartora
(Psichiatra – Direttore della Rivista Passages)
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Prendendo le mosse dagli
appunti del dott. Enzo Lamartora che precedono, desidero fare un discorso di
ordine generale sulla privacy. Ho seguito sempre come principio-guida nei
convegni e nelle conferenze – il che del
resto mi viene un po’ dalla professione del giudice che deve interpretare le
norme, destinate a regolare la vita sociale – partire da principi generali,
intendo dire principi ispiratori di una società e quindi ispiratori della vita
dell’uomo, per poter poi pervenire alla illustrazione di singoli argomenti che
semmai, se visti in modo frammentario, non verrebbero compresi appieno. Così io
esprimevo tra le righe, oggi, come vi sia una sorta di tendenza a soffocare le
autonomie, come nella scuola così nella magistratura, poiché questo è il
principio ispiratore di un recupero del principio di autorità che si va
affermando nella nazione italiana.
Così nella visione
dell’uomo, nell’introdurre questo argomento della privacy, ritengo opportuno
partire da un principio generale del come l’uomo oggi si atteggia, cioè del
perché questo argomento sia così difficile, in effetti, da affrontare e
difficile da risolvere, perché sembra che l’uomo oggi si debba difendere da un
osservatorio molto curioso e attento, al microscopio, che lo osserva in tutti i
suoi momenti di vita, in tutte le sue esplicazioni ed aspirazioni, e come
l’uomo anche in sé stesso e per sé stesso abbia perduto la dimensione del
privato. In questo mondo dell’immagine, l’uomo vive per esternarsi, per
comunicare, per informare ed essere informato. Per questo, affermare in questo
momento storico la necessità della tutela della privacy è un’affermazione
coraggiosa ed è quindi difficile il cammino che porta alla segretazione di
alcuni dati che non devono essere conosciuti.
La mia introduzione serve
quindi a far capire in quale contesto si inserisce la legge sulla privacy, e
così anche i suoi aspetti giuridici e tecnici e la sua attuazione pratica.
L’altra volta, quasi scherzando, illustrai la figura dell’uomo postmoderno nel
corso di una mia collaborazione con la rivista Passages di Milano. C’è un “uomo
postmoderno”, che ha delle caratteristiche sue proprie, intrinseche,
particolari. Come in tempi lontanissimi, nell’Era Quaternaria, ci sono stati l’homo erectus, poi l’homo faber e poi l’homo
sapiens, così dopo migliaia e migliaia di anni ora si è arrivati a
quest’uomo postmoderno che si starebbe trasformando, starebbe assumendo delle
caratteristiche proprie non solo nel fisico ma anche nella psiche. Queste
trasformazioni sono avvenute a causa di fattori naturali, ambientali e sociali,
ma lentissimamente. Noi non ce ne accorgiamo perché sono avvenute nell’arco di
millenni e le differenze le possiamo appena scorgere solo quando paragoniamo la
figura dell’uomo che abbiamo sotto gli occhi a quella di una o due migliaia di
anni fa. Infatti, come tra l’homo
erectus, il faber e il sapiens certamente sono intercorse diverse
migliaia, se non milioni di anni, così siamo giunti all’uomo postmoderno, nel
quale noi troviamo, intanto, delle caratteristiche che veramente ci
impressionano o ci lasciano increduli di fronte alle trasformazioni che notiamo
negli esseri umani, ma d’altro canto ci fanno anche capire problemi di ordine
filosofico e morale, aspetti della esternazione, della pulsione di sé, del
fenomeno della intermediazione e delle nuove forme di riproduzione della vita
umana, e tanti altri problemi.
Uno dei primi problemi –
la cui soluzione impone il passaggio attraverso un discorso filosofico che
potrà sembrare un po’ ostico – è tuttavia necessario per illustrare i nuovi
aspetti intellettivi di quest’uomo che da “sapiens” è diventato “post-moderno”.
Voi sapete che uno dei cardini fondamentali che ha governato per molti secoli
la filosofia dell’uomo fino all’Ottocento è quello parmenideo: “L’essere è,
il non essere non è”: il bianco è bianco e il nero è nero; il pubblico è
pubblico, non è privato; ciò che so esiste, ciò che non so non esiste; ciò che
è palese è conoscibile, ciò che non è palese è occulto, cioè è privato, è
privatizzato, è segretato.
Quindi, a questo
principio parmenideo della contrapposizione tra l’essere e il non essere, cioè
il principio cosiddetto di negazione, si sarebbe sostituito nella società
moderna, in base ai dettami degli ultimi filosofi e degli autori del pensiero
critico e creativo, il principio di scissione. Basti pensare a tutto il
Novecento, alla visione cosiddetta del relativismo intellettualistico “tutte le
opinioni sono vere”, ad un Pirandello e ad un Joice in letteratura e alle altre
manifestazioni artistiche astratte che vedono la realtà in tante sfaccettature
prismatiche, per cui il principio della negazione ha perduto validità come
mezzo supremo della conoscenza per far posto appunto a quello di scissione; in
altri termini di una entità, di una verità, di una notizia si apprendono
frazioni o facce diverse, come i volti della pittura cubista, nei quali occhi,
orecchie, labbra sono dislocati dai loro siti anatomici, come se attendessero
dal visitatore una ricomposizione della loro unità. Questo perché anche
all’artista la realtà si è presentata scissa, scissa perché nel Novecento
s’impone il principio filosofico della frantumazione della conoscenza e della
verità, donde deriva la visione frammentaria di una entità, nonché la mancanza
di certezze ed anche il relativismo etico. A tal proposito si sente spesso
risuonare una domanda di fondo: se l’etica sia laica o meno, ma lasciamo stare,
non essendovi risposta possibile di fronte a tale modo nuovo di vedere e di
interpretare la realtà.
Torno a dire qual’è l’importanza
del discorso: la presentazione di una verità in modo prismatico, cioè nel senso
che ognuno la vede a suo modo, ed ognuno dà di quella verità una opinione, è
una qualche cosa, una realtà che è contro la privacy, è contro la segretazione,
è contro il principio che afferma che il bianco è bianco e il nero è nero,
poiché l’uomo di quella verità vuole conoscere un po’ tutto, la vuole conoscere
sotto tutti gli aspetti e farsi la propria opinione. Un esempio a caso: di Albert
Einstein molti di noi vorrebbero sapere come andava a scuola, insomma la sua
pagella di scolaro, per avere una visione completa di quel genio; si vorrebbero
vedere i suoi compiti, di italiano e di matematica. No, vi risponde una regola
della privacy: quelli sono segretati, cioè appartengono al mondo occulto.
Allora Einstein è, nel momento in cui si manifesta con le sue famose
equazioni; Einstein non è, è nascosto nel momento in cui frequenta la
scuola, laddove esiste il diritto dell’oblio di cui si parla in tema di privacy
scolastica.
Questo è uno degli
aspetti. L’altro aspetto importante è quello della coscienza. Ho affrontato il
tema in un articolo che pubblicai sul caso Erika nella rivista Passages cui ho fatto cenno. Qualche
psichiatra sostiene oggi che l’uomo oggi non agisce sempre con coscienza e
volontà, ma di lui agisce talvolta il subconscio. Questo spiegherebbe perché
nella nostra società si stanno verificando delitti orrendi, mostruosi, che non
sembrano essere stati commessi da un essere umano, come alcuni delitti in famiglia,
particolare è proprio il caso Erika o i serial killer (Donato Bilancia) e più
di recente il caso Franzoni. Cioè si è giunti ad affermare che l’inconscio ed
il subconscio, ciò che c’è di più nascosto nell’uomo, che neppure noi abbiamo
la consapevolezza di conoscere, diventano dei meccanismi della mente, per cui
si fa l’ipotesi che Erika avrebbe accumulato tanto di quella gelosia, tanto di
quel rancore, tanto di quell’odio contro la madre da giungere poi a massacrarla
insieme al fratellino, del quale era gelosissima. Perché? Perché in lei non
avrebbe più agito la coscienza, ma una sorta di serbatoio dell’inconscio o del
subconscio, che avrebbe accumulato rancori tali che poi sono diventati
meccanismi della mente. Torno al problema della privacy, che risente anche in
questo caso della illustrata caratteristica della psiche dell’uomo
post-moderno. Se la nostra coscienza ci permette di distinguere quello che è
vero da quello che non è vero, quello che appare da ciò che rimane nascosto,
quando invece ciò che vi è più di nascosto in noi, cioè l’inconscio, viene in
evidenza, agisce addirittura, arma le mani di una ragazzina e la fa diventare
un mostro, allora indubbiamente c’è una parte dei noi che viene allo scoperto,
si esteriorizza, si pubblicizza.
Un altro degli aspetti
dell’uomo post-moderno è l’intermediazione, la quale gioca anche contro la
privacy. Avrete sentito parlare di intermediazione finanziaria, bancaria, ma
nei tempi attuali c’è anche nella genetica. Avrete sentito parlare anche di
intermediazione nella genetica, come l’utero in affitto, la fecondazione
assistita. Più comunemente si può pensare all’intermediazione nell’esigenza
umana di pranzare e cenare. Il numero di coloro che mangiano a casa, in
famiglia, ciò che cucina la moglie o la cuoca va sempre diminuendo, mentre i
ristoranti sono spesso molto affollati. Rispetto al problema della privacy la
intermediazione diffonde la conoscenza perché un dato, una verità, un’attività
passa attraverso un maggior numero di persone. Di qui ancora la difficoltà a
tener nascosta una notizia, vale a dire ad attuare una perfetta segretazione
della stessa.
Questo uomo post-moderno,
dunque, per via di tutti questi fattori di trasformazione del suo modo di
atteggiarsi nella vita avrebbe perduto la dimensione del privato, il “dentro”,
l’“in sé”, perdita sostenuta dallo svuotamento pulsionale del sé, avrebbe
perduto quella pulsione interna, una pulsione di sé che prima tendeva a fargli
tenere le notizie per sé. Oggi invece l’uomo comunica, parla più facilmente del
proprio privato, ad esempio nei talk show, indimenticabili quelli con Maurizio
Costanzo o le trasmissioni di Maria De Filippi. Se osservate, nessuno ha più
remora di parlare o rispondere con il telefonino ad alta voce, per istrada,
talché taluno può capire se lui stia parlando con il suo collega di ufficio,
con una persona di famiglia oppure con l’amica del cuore. Si può anche pensare
al Grande Fratello, dove si è tornati a guardare dal buco della serratura.
Questo è il mio discorso
conclusivo: l’uomo attuale, così come trasformatosi, tende a non privatizzare,
ma intanto soffre il pericolo di quest’occhio osservatore che continuamente lo
spia, soffre il timore che il suo nome finisca sulla stampa e teme tutto quanto
possa guastare la sua immagine. Siamo in un campo in cui assicurare la privacy
diventa sempre più difficile perché confliggono principi ed esigenze
contrapposti.
Gennaro Iannarone
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