lunedì 22 agosto 2016

La Privacy e l'uomo post-moderno




 HUMAN,  NON  HUMAN,  POST  HUMAN

(Saggio su una nuova visione dell’Umano)



A cosa ci riferiamo oggi quando parliamo di “Umano”? L’ “Umano” rimanda ancora alla stessa categoria epistemologica di un secolo fa o di un millennio fa? Non è del tutto infondata l’ipotesi che oggi si abbia a che fare, nell’Occidente industrializzato, con strutture sociali, economiche, cognitive, psicanalitiche, linguistiche ed artistiche diverse da quelle fin qui adoperate per sostantivare l’ “Umano”. Le nuove strutture sembrano essere:

·       Prevalenza dei meccanismi psichici di scissione su quelli di negazione (questi ultimi caratteristici del “Non umano”, che ha caratterizzato il pensiero filosofico e l’organizzazione economica e civile degli ultimi due secoli): si tratta qui di una scissione particolare, di una scissione accompagnata dalla cancellazione del materiale psichico scisso, forse perché manca l’organizzazione di un Sé coeso. Questa particolare forma di scissione potrebbe spiegare la frequenza di omicidi ed eccidi odierni, commessi con fatuità e premeditazione.

·       Confusione psichica geografica (D. Meltzer) fra oralità ed analità. Pare che oggi l’oralità individuale e sociale abbia qualità cannibaliche, ovvero non sia mirata a nutrire il Sé ma a distruggere evacuando: come spiegare altrimenti l’avidità distruttiva dell’Occidente verso molteplici socio-ed ecosistemi terrestri?

·       Perdita della dimensione del privato, del dentro, dell’ “in sé”, perdita sostenuta dallo svuotamento pulsionale del Sé: è inquietante osservare come sia facile, e non desti vergogna, parlare del proprio privato per strada, al telefono, nei talk show, ecc.

·       Perdita della capacità dia-lettica, prevalenza del discorso assertivo (pubblico e privato), di strutture paratattiche (sociali e conoscitive) su strutture ipotattiche; sostituzione della risposta tipo “io credo” con quelle tipo “sì, no”; scomparsa del soggetto al principio della frase; emergenza di organizzazioni linguistiche confuse (idiomi internet) che testimoniano di un accostamento di superfici psichiche più che di uno scambio relazionale;

·       Scomparsa degli attributi urbanistici, ecologici, genetici e biologici che hanno, fino ad oggi, definito (o negato) l’ “Umano”. Dovremmo riflettere su cosa vogliamo per il nostro futuro: potremmo voler vivere in una sorta di serra di plexigass, inalando una miscela gassosa artificiale, respirando con organi corporei modificati geneticamente?

·       E la clonazione, prima di essere possibilità biotecnologica, non manifesta un’aspirazione, ormai post-human, alla replicazione per gemmazione gemellare, più che all’evoluzione per scambio relazionale com’è stato finora?

·       Emergenza di nuove categorie giuridiche: può ancora l’uomo di oggi essere giudicato con categorie giuridiche e penali che fondino la colpevolezza o l’innocenza sulla consapevolezza o meno del reo? Come parlare di consapevolezza (e di colpevolezza) se l’inconscio, come finora definito dalla psicanalisi, sta diventando, più che un luogo di pulsioni e rappresentazioni rimosse, una modalità di funzionamento border-line della mente?

·       Strapotere dell’intermediazione: l’enorme potere e gli enormi profitti del “mediatore” (mobiliare, immobiliare, finanziario, culturale, amministrativo, giuridico, familiare, insomma tutti coloro che campano interponendosi tra due termini non più in relazione diretta, fra un produttore ed un fruitore), non è espressione di un’alienazione nuova per l’uomo? Soprattutto se consideriamo che, per la prima volta nella storia umana, a porsi come mediatrice non è una nuova classe sociale ma la tecnica, una struttura-funzione impersonale ed autoriproduttiva?

                                                                             Dott. Enzo  Lamartora

                                      (Psichiatra – Direttore della Rivista Passages)



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Prendendo le mosse dagli appunti del dott. Enzo Lamartora che precedono, desidero fare un discorso di ordine generale sulla privacy. Ho seguito sempre come principio-guida nei convegni e nelle conferenze – il  che del resto mi viene un po’ dalla professione del giudice che deve interpretare le norme, destinate a regolare la vita sociale – partire da principi generali, intendo dire principi ispiratori di una società e quindi ispiratori della vita dell’uomo, per poter poi pervenire alla illustrazione di singoli argomenti che semmai, se visti in modo frammentario, non verrebbero compresi appieno. Così io esprimevo tra le righe, oggi, come vi sia una sorta di tendenza a soffocare le autonomie, come nella scuola così nella magistratura, poiché questo è il principio ispiratore di un recupero del principio di autorità che si va affermando nella nazione italiana.

Così nella visione dell’uomo, nell’introdurre questo argomento della privacy, ritengo opportuno partire da un principio generale del come l’uomo oggi si atteggia, cioè del perché questo argomento sia così difficile, in effetti, da affrontare e difficile da risolvere, perché sembra che l’uomo oggi si debba difendere da un osservatorio molto curioso e attento, al microscopio, che lo osserva in tutti i suoi momenti di vita, in tutte le sue esplicazioni ed aspirazioni, e come l’uomo anche in sé stesso e per sé stesso abbia perduto la dimensione del privato. In questo mondo dell’immagine, l’uomo vive per esternarsi, per comunicare, per informare ed essere informato. Per questo, affermare in questo momento storico la necessità della tutela della privacy è un’affermazione coraggiosa ed è quindi difficile il cammino che porta alla segretazione di alcuni dati che non devono essere conosciuti.

La mia introduzione serve quindi a far capire in quale contesto si inserisce la legge sulla privacy, e così anche i suoi aspetti giuridici e tecnici e la sua attuazione pratica. L’altra volta, quasi scherzando, illustrai la figura dell’uomo postmoderno nel corso di una mia collaborazione con la rivista Passages di Milano. C’è un “uomo postmoderno”, che ha delle caratteristiche sue proprie, intrinseche, particolari. Come in tempi lontanissimi, nell’Era Quaternaria, ci sono stati l’homo erectus, poi l’homo faber e poi l’homo sapiens, così dopo migliaia e migliaia di anni ora si è arrivati a quest’uomo postmoderno che si starebbe trasformando, starebbe assumendo delle caratteristiche proprie non solo nel fisico ma anche nella psiche. Queste trasformazioni sono avvenute a causa di fattori naturali, ambientali e sociali, ma lentissimamente. Noi non ce ne accorgiamo perché sono avvenute nell’arco di millenni e le differenze le possiamo appena scorgere solo quando paragoniamo la figura dell’uomo che abbiamo sotto gli occhi a quella di una o due migliaia di anni fa. Infatti, come tra l’homo erectus, il faber e il sapiens certamente sono intercorse diverse migliaia, se non milioni di anni, così siamo giunti all’uomo postmoderno, nel quale noi troviamo, intanto, delle caratteristiche che veramente ci impressionano o ci lasciano increduli di fronte alle trasformazioni che notiamo negli esseri umani, ma d’altro canto ci fanno anche capire problemi di ordine filosofico e morale, aspetti della esternazione, della pulsione di sé, del fenomeno della intermediazione e delle nuove forme di riproduzione della vita umana, e tanti altri problemi.

Uno dei primi problemi – la cui soluzione impone il passaggio attraverso un discorso filosofico che potrà sembrare un po’ ostico – è tuttavia necessario per illustrare i nuovi aspetti intellettivi di quest’uomo che da “sapiens” è diventato “post-moderno”. Voi sapete che uno dei cardini fondamentali che ha governato per molti secoli la filosofia dell’uomo fino all’Ottocento è quello parmenideo: “L’essere è, il non essere non è”: il bianco è bianco e il nero è nero; il pubblico è pubblico, non è privato; ciò che so esiste, ciò che non so non esiste; ciò che è palese è conoscibile, ciò che non è palese è occulto, cioè è privato, è privatizzato, è segretato.

Quindi, a questo principio parmenideo della contrapposizione tra l’essere e il non essere, cioè il principio cosiddetto di negazione, si sarebbe sostituito nella società moderna, in base ai dettami degli ultimi filosofi e degli autori del pensiero critico e creativo, il principio di scissione. Basti pensare a tutto il Novecento, alla visione cosiddetta del relativismo intellettualistico “tutte le opinioni sono vere”, ad un Pirandello e ad un Joice in letteratura e alle altre manifestazioni artistiche astratte che vedono la realtà in tante sfaccettature prismatiche, per cui il principio della negazione ha perduto validità come mezzo supremo della conoscenza per far posto appunto a quello di scissione; in altri termini di una entità, di una verità, di una notizia si apprendono frazioni o facce diverse, come i volti della pittura cubista, nei quali occhi, orecchie, labbra sono dislocati dai loro siti anatomici, come se attendessero dal visitatore una ricomposizione della loro unità. Questo perché anche all’artista la realtà si è presentata scissa, scissa perché nel Novecento s’impone il principio filosofico della frantumazione della conoscenza e della verità, donde deriva la visione frammentaria di una entità, nonché la mancanza di certezze ed anche il relativismo etico. A tal proposito si sente spesso risuonare una domanda di fondo: se l’etica sia laica o meno, ma lasciamo stare, non essendovi risposta possibile di fronte a tale modo nuovo di vedere e di interpretare la realtà.

Torno a dire qual’è l’importanza del discorso: la presentazione di una verità in modo prismatico, cioè nel senso che ognuno la vede a suo modo, ed ognuno dà di quella verità una opinione, è una qualche cosa, una realtà che è contro la privacy, è contro la segretazione, è contro il principio che afferma che il bianco è bianco e il nero è nero, poiché l’uomo di quella verità vuole conoscere un po’ tutto, la vuole conoscere sotto tutti gli aspetti e farsi la propria opinione. Un esempio a caso: di Albert Einstein molti di noi vorrebbero sapere come andava a scuola, insomma la sua pagella di scolaro, per avere una visione completa di quel genio; si vorrebbero vedere i suoi compiti, di italiano e di matematica. No, vi risponde una regola della privacy: quelli sono segretati, cioè appartengono al mondo occulto. Allora Einstein è, nel momento in cui si manifesta con le sue famose equazioni; Einstein non è, è nascosto nel momento in cui frequenta la scuola, laddove esiste il diritto dell’oblio di cui si parla in tema di privacy scolastica.

Questo è uno degli aspetti. L’altro aspetto importante è quello della coscienza. Ho affrontato il tema in un articolo che pubblicai sul caso Erika nella rivista Passages cui ho fatto cenno. Qualche psichiatra sostiene oggi che l’uomo oggi non agisce sempre con coscienza e volontà, ma di lui agisce talvolta il subconscio. Questo spiegherebbe perché nella nostra società si stanno verificando delitti orrendi, mostruosi, che non sembrano essere stati commessi da un essere umano, come alcuni delitti in famiglia, particolare è proprio il caso Erika o i serial killer (Donato Bilancia) e più di recente il caso Franzoni. Cioè si è giunti ad affermare che l’inconscio ed il subconscio, ciò che c’è di più nascosto nell’uomo, che neppure noi abbiamo la consapevolezza di conoscere, diventano dei meccanismi della mente, per cui si fa l’ipotesi che Erika avrebbe accumulato tanto di quella gelosia, tanto di quel rancore, tanto di quell’odio contro la madre da giungere poi a massacrarla insieme al fratellino, del quale era gelosissima. Perché? Perché in lei non avrebbe più agito la coscienza, ma una sorta di serbatoio dell’inconscio o del subconscio, che avrebbe accumulato rancori tali che poi sono diventati meccanismi della mente. Torno al problema della privacy, che risente anche in questo caso della illustrata caratteristica della psiche dell’uomo post-moderno. Se la nostra coscienza ci permette di distinguere quello che è vero da quello che non è vero, quello che appare da ciò che rimane nascosto, quando invece ciò che vi è più di nascosto in noi, cioè l’inconscio, viene in evidenza, agisce addirittura, arma le mani di una ragazzina e la fa diventare un mostro, allora indubbiamente c’è una parte dei noi che viene allo scoperto, si esteriorizza, si pubblicizza.

Un altro degli aspetti dell’uomo post-moderno è l’intermediazione, la quale gioca anche contro la privacy. Avrete sentito parlare di intermediazione finanziaria, bancaria, ma nei tempi attuali c’è anche nella genetica. Avrete sentito parlare anche di intermediazione nella genetica, come l’utero in affitto, la fecondazione assistita. Più comunemente si può pensare all’intermediazione nell’esigenza umana di pranzare e cenare. Il numero di coloro che mangiano a casa, in famiglia, ciò che cucina la moglie o la cuoca va sempre diminuendo, mentre i ristoranti sono spesso molto affollati. Rispetto al problema della privacy la intermediazione diffonde la conoscenza perché un dato, una verità, un’attività passa attraverso un maggior numero di persone. Di qui ancora la difficoltà a tener nascosta una notizia, vale a dire ad attuare una perfetta segretazione della stessa.

Questo uomo post-moderno, dunque, per via di tutti questi fattori di trasformazione del suo modo di atteggiarsi nella vita avrebbe perduto la dimensione del privato, il “dentro”, l’“in sé”, perdita sostenuta dallo svuotamento pulsionale del sé, avrebbe perduto quella pulsione interna, una pulsione di sé che prima tendeva a fargli tenere le notizie per sé. Oggi invece l’uomo comunica, parla più facilmente del proprio privato, ad esempio nei talk show, indimenticabili quelli con Maurizio Costanzo o le trasmissioni di Maria De Filippi. Se osservate, nessuno ha più remora di parlare o rispondere con il telefonino ad alta voce, per istrada, talché taluno può capire se lui stia parlando con il suo collega di ufficio, con una persona di famiglia oppure con l’amica del cuore. Si può anche pensare al Grande Fratello, dove si è tornati a guardare dal buco della serratura.

Questo è il mio discorso conclusivo: l’uomo attuale, così come trasformatosi, tende a non privatizzare, ma intanto soffre il pericolo di quest’occhio osservatore che continuamente lo spia, soffre il timore che il suo nome finisca sulla stampa e teme tutto quanto possa guastare la sua immagine. Siamo in un campo in cui assicurare la privacy diventa sempre più difficile perché confliggono principi ed esigenze contrapposti.

                                                  Gennaro Iannarone                                       





                 

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