FILOSOFIA E MUSICA
La
Musica, specie quella puramente strumentale, ha raccordi contenutistici molto
rari con la filosofia perché per sua natura non è strutturata di pensiero
razionale ma di sentimento. Anche le arti figurative, tese a rappresentare il bello,
hanno talvolta contenuti storico-filosofici alquanto vaghi, come ad esempio nei
noti dipinti allegorici di Ambrogio Lorenzetti in Siena. Molto noto è il
dipinto “I tre filosofi” di Giorgione, dove il vecchio rappresenterebbe il
Medio Evo, la figura centrale la filosofia araba, il giovane seduto
simboleggerebbe il Rinascimento. Diverse sono la poesia e tutte le altre forme
di letteratura, più che aperte ai problemi filosofici.
Di
certo, sono stati più i filosofi a trattare della musica come “estetica”,
piuttosto che i musicisti ad esprimere in note concetti filosofici. A partire
dall’antichità classica la Filosofia si è infatti interessata dell’arte
musicale, in un primo tempo ponendo con Pitagora una stretta relazione tra
musica, cosmo e numero, fino a ravvisarvi l’armonia dell’universo e la musica
delle sfere celesti, successivamente stabilendo, con la dottrina greca
dell’ethos, un parallelismo tra espressione artistico-musicale e stato
psicologico, attribuendole anche, con Platone, finalità educative e non di solo
piacere. Molti elementi della concezione classica passarono al Medioevo,
riadattati alla visione teologica cristiana (la Musica è infatti “Harmonia mundi” in Boezio). Nel
Rinascimento, tornando ad un’affermazione neo-aristotelica del “piacere” quale
fine della musica, dalla rappresentazione simbolica di un ordine divino si
passò a concepirla come imitazione della natura e poi, nell’evolversi del
secolo barocco, come imitazione ed espressione dei sentimenti umani, fino a
entrare nel rapporto naturale fra poesia e musica che avrebbe condotto, in
virtù della Camerata Bardi di Firenze, all’opera lirica.
Attraverso
poi una lunga e costante speculazione, sviluppatasi soprattutto in ambito
religioso, l’estetica romantica finì per abbandonare il tentativo di stabilire
un rapporto della musica con determinate sfere della conoscenza razionale
(metafisica, matematica, astronomia, teologia ecc.) per approdare nel XIX
secolo ad un cammino diverso, dando rilievo proprio a quegli aspetti
sentimentali, istintivi e fantastici che sono meno riconducibili alla sfera
della ragione. La musica venne così ad essere ispirata da una concezione di
vita ed intese quindi esprimere il sentimento dell’uomo di fronte al mondo, per
cui è possibile individuare vari contenuti filosofici in tal senso, che trovano
nell’arte dei suoni il loro mezzo espressivo più vibrante, immediato, e
coinvolgente. Non essendo invero la Musica mai giunta a rappresentare sistemi
filosofici complessi, come ad esempio quelli platonici, aristotelici o hegeliani,
si rimane con essa pur sempre nell’ambito del rapporto tra l’Io e la Realtà,
ivi compreso quello tra l’Io e la Divinità.
Sotto
il primo profilo si può affermare che la corrente filosofica ad essa più vicina
sia stato l’Esistenzialismo. Sotto il secondo va sottolineato il rapporto
filosofico-teologico che ha trovato in tutta la estesissima e grandiosa
produzione della Musica sacra la creazione di veri e propri capolavori. In
particolare, il rapporto estatico, che ci riporta con il pensiero ai filosofi
mistici e in particolare all’ “Itinerarium
mentis in Deum” di San Bonaventura da Bagnoregio, è colto da più di
un’opera musicale, come la “La Passione
secondo San Matteo” e tante cantate e corali per organo di Johann Sebastian
Bach, “Il Messiah” di George Frideric Haendel, “La Creazione” di Franz
Joseph Haydn, il “Requiem” di Wolfgang Amadeus Mozart, la “Missa
Solemnis” di Ludwig van Beethoven. A proposito soprattutto del “Credo”, racconta
Anton Schindler, che gli fu amico e sistematore delle sue opere, di aver
sorpreso il maestro nell’agosto 1819 nell’atto di comporlo e di averlo trovato
“che cantava, urlava, batteva i piedi come se stesse conducendo una battaglia
mortale contro tutta la razza dei contrappuntisti”. La sfavillante intensità da
visione che vi è in ogni parte della “Missa Solemnis”, una potenza di
assorbimento appassionata, una forza di immaginazione cauterizzante non
lasciano alcun dubbio sullo stato di concentrazione intensa in cui dovette
trovarsi Beethoven e che dovette portarlo letteralmente alla “diretta
contemplazione di Dio”, come felicemente descrive lo Schindler le proprie
impressioni nell’assistere a quel momento creativo.
L’elenco
delle composizioni di carattere sacro potrebbe continuare a lungo, ma esso
varrebbe solo a confermare il legame tra Musica e Teologia. Nell’ambito,
invece, di una visione musicale laica del rapporto dell’Io con la Realtà, il
quale si colloca più propriamente nella Filosofia, vale la pena di raccontare
che lo stesso genio sommo dell’arte musicale, quasi completamente sordo nel
1807, non riusciva un giorno a sentire il bussare alla porta della sua
governante. E quando finalmente gli giunsero all’orecchio i quattro colpi molto
energici cui lei dovette ricorrere per farsi aprire, si alzò di scatto e corse
alla porta ad abbracciarla con gioia. Tornato al pianoforte, egli intonò le
quattro potenti note iniziali della Quinta Sinfonia, e poi esclamò, davanti
alla donna rimasta inebetita, “Così il
Destino ha bussato oggi alla mia porta”. L’aveva preceduta la “Sinfonia Eroica”,
dedicata a Napoleone, ma destinata poi dallo stesso autore a celebrare in
un’ottica più generale il valore dell’eroe dopo la morte; l’avrebbe seguita la
Nona, con il finale Inno alla Gioia a significazione dell’accettazione del
Destino e di una piena riconciliazione dell’Uomo con il Creato. Sorge dalla
stessa ispirazione della Quinta sinfonia il dialogo fra il Destino e l’Anima
che si svolge in modo sublime nell’Andante con moto del Quarto Concerto
per pianoforte e orchestra.
Verso
la fine del XIX° secolo, Richard Strauss, precursore della drammaticità del
secolo appena decorso, attratto come tanti dalla suggestione di Nietzsche,
compose un poema sinfonico – esempio più unico che raro – dal titolo di una
delle più note opere filosofiche: “Così
parlò Zaratustra”. Dalla celeberrima introduzione, in cui molti ravvisano
il big bang primordiale che diede origine all’universo, i temi musicali passano
a rappresentare colui che aspira alla liberazione dello spirito e all’ideale
del “superuomo”. Si tende a negare, in musicologia, che questo poema sia una
professione di fede ed una filosofia in suoni, così come allo stesso modo si
afferma che in esso non c’è un potenziamento sonoro di Nietzsche, ma ancor oggi
lo Zaratustra straussiano trasmette
tale messaggio e queste emozioni.
Per
concludere, l’opera recente più famosa, che ha voluto tracciare le attuali
linee del delicato rapporto tra filosofia e musica, è senza dubbio “Filosofia
della musica moderna”, pubblicata nel 1941, dove il filosofo tedesco Theodor W.
Adorno, dopo aver analizzato il rapporto tra “Schonberg e il Progresso” e
quello tra “Strawinskij e la Restaurazione”, giunge alla conclusione che, non
potendo la musica sottrarsi ai processi che avvengono nella totalità sociale,
nella società capitalista avanzata, in cui i rapporti tra gli uomini sono
alienati, essa deve rinunciare all’umanità per conservare il suo compito di
comunicazione fra gli uomini e svelare con ciò stesso il carattere inumano
dello stato dei detti rapporti. A tal fine, la musica nuova (basta che si pensi
alla “Notte trasfigurata” di Arnold Schonberg, che Adorno esalta) deve
isolare e rifiutare il linguaggio musicale che la società ha fino a questo
momento elaborato, percorrendo nuove vie.
Avellino 7 luglio 2012 Gennaro Iannarone
Nessun commento:
Posta un commento