mercoledì 17 agosto 2016

FILOSOFIA E MUSICA


FILOSOFIA   E  MUSICA

La Musica, specie quella puramente strumentale, ha raccordi contenutistici molto rari con la filosofia perché per sua natura non è strutturata di pensiero razionale ma di sentimento. Anche le arti figurative, tese a rappresentare il bello, hanno talvolta contenuti storico-filosofici alquanto vaghi, come ad esempio nei noti dipinti allegorici di Ambrogio Lorenzetti in Siena. Molto noto è il dipinto “I tre filosofi” di Giorgione, dove il vecchio rappresenterebbe il Medio Evo, la figura centrale la filosofia araba, il giovane seduto simboleggerebbe il Rinascimento. Diverse sono la poesia e tutte le altre forme di letteratura, più che aperte ai problemi filosofici.

Di certo, sono stati più i filosofi a trattare della musica come “estetica”, piuttosto che i musicisti ad esprimere in note concetti filosofici. A partire dall’antichità classica la Filosofia si è infatti interessata dell’arte musicale, in un primo tempo ponendo con Pitagora una stretta relazione tra musica, cosmo e numero, fino a ravvisarvi l’armonia dell’universo e la musica delle sfere celesti, successivamente stabilendo, con la dottrina greca dell’ethos, un parallelismo tra espressione artistico-musicale e stato psicologico, attribuendole anche, con Platone, finalità educative e non di solo piacere. Molti elementi della concezione classica passarono al Medioevo, riadattati alla visione teologica cristiana (la Musica è infatti “Harmonia mundi” in Boezio). Nel Rinascimento, tornando ad un’affermazione neo-aristotelica del “piacere” quale fine della musica, dalla rappresentazione simbolica di un ordine divino si passò a concepirla come imitazione della natura e poi, nell’evolversi del secolo barocco, come imitazione ed espressione dei sentimenti umani, fino a entrare nel rapporto naturale fra poesia e musica che avrebbe condotto, in virtù della Camerata Bardi di Firenze, all’opera lirica.

Attraverso poi una lunga e costante speculazione, sviluppatasi soprattutto in ambito religioso, l’estetica romantica finì per abbandonare il tentativo di stabilire un rapporto della musica con determinate sfere della conoscenza razionale (metafisica, matematica, astronomia, teologia ecc.) per approdare nel XIX secolo ad un cammino diverso, dando rilievo proprio a quegli aspetti sentimentali, istintivi e fantastici che sono meno riconducibili alla sfera della ragione. La musica venne così ad essere ispirata da una concezione di vita ed intese quindi esprimere il sentimento dell’uomo di fronte al mondo, per cui è possibile individuare vari contenuti filosofici in tal senso, che trovano nell’arte dei suoni il loro mezzo espressivo più vibrante, immediato, e coinvolgente. Non essendo invero la Musica mai giunta a rappresentare sistemi filosofici complessi, come ad esempio quelli platonici, aristotelici o hegeliani, si rimane con essa pur sempre nell’ambito del rapporto tra l’Io e la Realtà, ivi compreso quello tra l’Io e la Divinità.

Sotto il primo profilo si può affermare che la corrente filosofica ad essa più vicina sia stato l’Esistenzialismo. Sotto il secondo va sottolineato il rapporto filosofico-teologico che ha trovato in tutta la estesissima e grandiosa produzione della Musica sacra la creazione di veri e propri capolavori. In particolare, il rapporto estatico, che ci riporta con il pensiero ai filosofi mistici e in particolare all’ “Itinerarium mentis in Deum” di San Bonaventura da Bagnoregio, è colto da più di un’opera musicale, come la  La Passione secondo San Matteo” e tante cantate e corali per organo di Johann Sebastian Bach, “Il Messiah” di George Frideric Haendel, “La Creazione” di Franz Joseph Haydn, il “Requiem” di Wolfgang Amadeus Mozart, la “Missa Solemnis” di Ludwig van Beethoven. A proposito soprattutto del “Credo”, racconta Anton Schindler, che gli fu amico e sistematore delle sue opere, di aver sorpreso il maestro nell’agosto 1819 nell’atto di comporlo e di averlo trovato “che cantava, urlava, batteva i piedi come se stesse conducendo una battaglia mortale contro tutta la razza dei contrappuntisti”. La sfavillante intensità da visione che vi è in ogni parte della “Missa Solemnis”, una potenza di assorbimento appassionata, una forza di immaginazione cauterizzante non lasciano alcun dubbio sullo stato di concentrazione intensa in cui dovette trovarsi Beethoven e che dovette portarlo letteralmente alla “diretta contemplazione di Dio”, come felicemente descrive lo Schindler le proprie impressioni nell’assistere a quel momento creativo.

L’elenco delle composizioni di carattere sacro potrebbe continuare a lungo, ma esso varrebbe solo a confermare il legame tra Musica e Teologia. Nell’ambito, invece, di una visione musicale laica del rapporto dell’Io con la Realtà, il quale si colloca più propriamente nella Filosofia, vale la pena di raccontare che lo stesso genio sommo dell’arte musicale, quasi completamente sordo nel 1807, non riusciva un giorno a sentire il bussare alla porta della sua governante. E quando finalmente gli giunsero all’orecchio i quattro colpi molto energici cui lei dovette ricorrere per farsi aprire, si alzò di scatto e corse alla porta ad abbracciarla con gioia. Tornato al pianoforte, egli intonò le quattro potenti note iniziali della Quinta Sinfonia, e poi esclamò, davanti alla donna rimasta inebetita, “Così il Destino ha bussato oggi alla mia porta”. L’aveva preceduta la “Sinfonia Eroica”, dedicata a Napoleone, ma destinata poi dallo stesso autore a celebrare in un’ottica più generale il valore dell’eroe dopo la morte; l’avrebbe seguita la Nona, con il finale Inno alla Gioia a significazione dell’accettazione del Destino e di una piena riconciliazione dell’Uomo con il Creato. Sorge dalla stessa ispirazione della Quinta sinfonia il dialogo fra il Destino e l’Anima che si svolge in modo sublime nell’Andante con moto del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra.

Verso la fine del XIX° secolo, Richard Strauss, precursore della drammaticità del secolo appena decorso, attratto come tanti dalla suggestione di Nietzsche, compose un poema sinfonico – esempio più unico che raro – dal titolo di una delle più note opere filosofiche: “Così parlò Zaratustra”. Dalla celeberrima introduzione, in cui molti ravvisano il big bang primordiale che diede origine all’universo, i temi musicali passano a rappresentare colui che aspira alla liberazione dello spirito e all’ideale del “superuomo”. Si tende a negare, in musicologia, che questo poema sia una professione di fede ed una filosofia in suoni, così come allo stesso modo si afferma che in esso non c’è un potenziamento sonoro di Nietzsche, ma ancor oggi lo Zaratustra straussiano trasmette tale messaggio e queste emozioni.

Per concludere, l’opera recente più famosa, che ha voluto tracciare le attuali linee del delicato rapporto tra filosofia e musica, è senza dubbio “Filosofia della musica moderna”, pubblicata nel 1941, dove il filosofo tedesco Theodor W. Adorno, dopo aver analizzato il rapporto tra “Schonberg e il Progresso” e quello tra “Strawinskij e la Restaurazione”, giunge alla conclusione che, non potendo la musica sottrarsi ai processi che avvengono nella totalità sociale, nella società capitalista avanzata, in cui i rapporti tra gli uomini sono alienati, essa deve rinunciare all’umanità per conservare il suo compito di comunicazione fra gli uomini e svelare con ciò stesso il carattere inumano dello stato dei detti rapporti. A tal fine, la musica nuova (basta che si pensi alla “Notte trasfigurata” di Arnold Schonberg, che Adorno esalta) deve isolare e rifiutare il linguaggio musicale che la società ha fino a questo momento elaborato, percorrendo nuove vie.

Avellino 7 luglio 2012                                             Gennaro  Iannarone

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