LA POESIA E
LA DONNA
(Stilnovisti, Petrarca, Manzoni, Leopardi, Proust, Montale)
E’ un luogo comune considerare
moderno Francesco Petrarca, soltanto per il fatto che egli è, certamente, il
poeta dell’inquietudine amorosa e il padre dell’Umanesimo. Questo non basta,
infatti, perché un poeta possa definirsi moderno, nel senso in cui noi
intendiamo la modernità, la quale consta di due fondamentali caratteristiche
dell’uomo artista, letterato, poeta, di fronte alla realtà del mondo e, per
quel che ci riguarda, di fronte al fenomeno amoroso, che è la stessa cosa che
dire dinanzi alla donna: l’angoscia del vivere l’innamoramento, commista all’introspezione
in sé stessi e nell’animo di lei.
Non si può negare che l’atteggiamento
di Petrarca in tale campo della vita dell’uomo abbia superato la visione più
serena degli stilnovisti, i quali a loro volta, pur avendo cantato della
passione amorosa e dei tormenti dell’animo che ne scaturiscono, hanno finito,
tuttavia, per idealizzare la figura femminile, si potrebbe dire ringraziandola
di esistere, nel momento stesso in cui hanno visto in lei la cagione delle pene
d’amore. E tra loro, prima fra tutte, c’è la Beatrice dantesca, distanziata dal
sommo poeta più in terra (“…e gli occhi
non l’ardiscono di guardare”) che in cielo.
Francesco Petrarca è inoltre il poeta
che esprime meglio di ogni altro della sua epoca il tormento dell’amore non
corrisposto. Non è però Catullo, che ha goduto delle gioie dell’amore e al
quale il travaglio interiore e la paura di poter perdere Lesbia, la donna
amata, fa dire “Odi et amo”. Non è
Ovidio, che analizza il fenomeno dell’amore con l’occhio dello scienziato, come
oggi il nostro Francesco Alberoni, che in “Innamoramento e amore”, “Il volo
nuziale” e “Ti amo”, si sofferma a osservare il sorgere, l’evolversi e lo
spegnersi del più complesso dei sentimenti umani; non è Leopardi che, pur
scrutandole nell’animo, accomuna le donne di cui si è invaghito, Nerina,
Silvia, nel proprio stesso destino d’infelicità (Ultimo canto di Saffo, Le
ricordanze, A Silvia).
Francesco Petrarca è innamorato della
bellezza di Laura, di cui esalta l’aspetto esteriore e sensuale, guarda molto
dentro di sé, si scandaglia fino alla lacerazione interiore perché vorrebbe
fisicamente Laura, ma non può, perché lei non può volere e lui non può
chiederle amore, legato com’è ancora al cielo delle visioni medievali e
incapace di abbracciare i piaceri terreni.
Gli manca tuttavia, per poterlo
considerare poeta moderno nel senso indicato, l’introspezione nell’animo di
Laura, che lui non ci fa conoscere. Non sappiamo se lei abbia mai pensato di
ricambiare quell’amore, costante per tutta una vita, ispirato soltanto da lei.
Non sappiamo nulla dei moti interiori dell’animo di Laura, del suo passato,
cosicché unica cagione del travaglio amoroso sta soltanto in lui.
Moderna, in qualche passaggio de “I
Promessi Sposi” è Lucia, come nell’ “Addio ai monti”, anche se alla fine
Manzoni s’intromette e fa propri quegli introspettivi e poetici pensieri; è
moderna, come si accennava, la Silvia di Leopardi, nella quale il poeta coglie
insieme la lietezza e la pensosità della gioventù, il vago avvenire che lei in
mente aveva. Lo è la Odette in “Un amore di Swann” di Marcel Proust, di cui
l’uomo innamorato coglie i moti dell’animo fermandosi rispettoso nella indagine
sul passato di lei, tormentato dal desiderio di appropriarsi della vita di una
donna affascinante e misteriosa, ma consapevole che non sarà mai completamente
sua.
Modernissima, infine, è la donna in
Montale, soprattutto quella della Casa dei doganieri, che vi sosta per qualche
notte con tutto lo sciame dei suoi irrequieti pensieri, ma poi non ricorda più,
perché la sua memoria è frastornata, e non ride più lietamente come quando colà
si soffermò. Lo è del pari Dora Markus, in cui, nonostante il presentimento
della persecuzione nazista, le sue tempeste interiori e l’apparente “lago
d’indifferenza del suo cuore”, sopravvive con il suo forte desiderio di
perpetuazione, stesso motivo che poi il poeta trasformerà in un augurio per
Paola Nicoli, dedicandole la stupenda lirica Casa sul mare.
Gennaro Iannarone
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