IL PROCESSO A GESU'
(Conferenza tenuta il
5-6-2003 nel Liceo scientifico di Atripalda, poi revisionata)
Gesù
fu arrestato nella giornata di un giovedì che pare si collochi nel giorno
tredici del mese di Nissan che corrispondeva al nostro aprile, verso sera,
e fu condotto subito davanti al grande sacerdote Hanna. Hanna era il suocero di
Caifa, siamo nello stesso edificio dove si riuniva il Sinedrio. Fu portato colà
legato dalle guardie dopo l’arresto, che fu un po’ tumultuoso. Infatti, anche
se i discepoli scapparono tutti via, pare che Pietro tentò una difesa armata,
nel corso della quale avrebbe tagliato l’orecchio ad una guardia del Sinedrio
di nome Malco. I discepoli, tranne Pietro e Giovanni, non compariranno
più durante tutto il processo, né davanti al Sinedrio, nè durante il processo
di Pilato, nè lungo il tragitto fino al Golgota, né al momento della
crocifissione, né presso il sepolcro. Sotto la croce voi non ritroverete
neppure un discepolo.…tranne Giovanni, che parla di un altro discepolo,
oltre Pietro, che seguì Gesù dopo l’arresto. Non lo nomina ma si capisce che è
proprio lui, Giovanni. E’ lui, poi, che esplicitamente si colloca sotto la
croce. Ed è lo stesso evangelista Giovanni che, a differenza di Matteo, Marco e
Luca, racconta dell’interrogatorio di Gesù in casa di Hanna e del colloquio con
Pilato, ma tace del tutto del processo
davanti al Sinedrio. Ora, poiché il Vangelo più antico è quello di Marco,
dell'anno 70 d. C., e quelli di Matteo e Luca furono ricalcati, con qualche
variazione ed ampliamenti, su quello di Marco, tanto che si chiamano
“Vangeli sinottici”, in definitiva su
alcune circostanze importantissime, come il processo davanti al Sinedrio, il
colloquio con Pilato, la ferita al costato, si hanno due sole versioni a
confronto, di Marco e di Giovanni, talvolta in contrasto tra loro, per cui non
mancano opere di notevole spessore (“Il caso Gesu'” di Weddig Fricke,
editore Rusconi) che negano che il predetto Tribunale religioso ebraico sia
intervento nel giudicare e nel condannare Gesu'.
Il
grande sacerdote Hanna gli domandò: “Quali sono le tue dottrine e chi sono i
tuoi discepoli”, evidentemente al fine di arrestare tutta la setta. Egli
rispose: “Ma a me lo chiedi? Io ho parlato liberamente a tutti, ho parlato
nel tempio, non ho mai detto nulla di nascosto a nessuno, vai a chiederlo a
quelli che mi hanno ascoltato che cosa io ho detto”. Ho sempre ritenuto che
Gesù sia stato un imputato indisponente, ma non in termini negativi bensì nel
senso che è stato un imputato di tale dignità da apparire sprezzante. Tanto è
vero che una guardia del Sinedrio che gli stava a fianco gli mollò un ceffone,
soggiungendo: “Così si risponde al grande sacerdote?”, e Gesù rispose
dicendo: “Se ho parlato male, spiegamelo; ma se ho parlato bene, perchè mi percuoti”,
grande esempio di razionalità e di forza d'animo in un momento così drammatico.
Questo episodio è il solo Giovanni che lo racconta, non si legge negli altri
tre Vangeli. In quel momento siamo nello stesso palazzo del Sinedrio, che ha un
cortile, c’è un fuoco acceso al centro del cortile perché faceva freddo.
Accanto a quel fuoco si fermò a riscaldarsi Pietro, che lì fu riconosciuto come
uno dei discepoli, l’unico che lo seguì perchè era il discepolo più di cuore,
appassionato. Dalla casa di Hanna subito dopo passarono attraverso il cortile
davanti al Tribunale del Sinedrio, perchè si sarebbero riuniti di notte gli
anziani ed i grandi sacerdoti che lo componevano. Davanti al Sinedrio sentirono
dei testimoni, ma diciamo prima come fu impostato il processo.
Bisogna
prima di tutto sapere che non si può fare un processo senza i capi di
imputazione. Che cosa sono i capi d'imputazione? Nei tempi moderni il giudice
che accusa un imputato gli deve prima di tutto contestare i fatti di cui lo
accusa e deve trattarsi di una contestazione precisa anche nei riferimenti
spaziali e temporali. Quali erano i reati di cui Gesù fu chiamato a rispondere?
Su tale punto spesso si dicono cose vaghe, difficilmente si entra nello
specifico, neppure la Chiesa si sofferma a dare insegnamenti in merito, ma
tutto si può ricavare e ricostruire mediante un'attenta ed analitica lettura di
quanto è scritto nei Vangeli, confrontando ciò che i quattro evangelisti dicono
su un medesimo episodio, per un'analisi del racconto. Va subito detto che quel
processo fu del tutto diverso da quelli che si svolgono nelle nostre aule
giudiziarie. L'accusa era: quest’uomo ha violato il comandamento di santificare
le feste ed ha dissacrato il giorno del Signore, dicendo che di sabato si
poteva lavorare se si doveva fare un'opera buona verso il prossimo. Anche in
epoca attuale gli islamici osservano il Ramadan, quel mese in cui stanno
digiuni e senza lavorare. A quei tempi lavorare di sabato era un delitto grave.
Narra Giuseppe Flavio, che ha scritto una Storia della Palestina di quei tempi,
che avevano condannato a morte un uomo sorpreso a spaccare la legna di sabato.
E Gesù aveva detto invece che era fatto il sabato per l’uomo, che significa che
la legge è fatta per l’uomo, non l’uomo per la legge, come fanno i giudici
formalisti, che in nome dell'osservanza cieca delle norme sacrificano i diritti
inviolabili della persona umana. Imputazioni più gravi furono: quest’uomo ha
perdonato una donna sorpresa in flagrante adulterio. Si pensi che dopo duemila anni
si è dovuto muovere un mondo intero per salvare dalla pena di morte Amina e
Sciamira, due donne condannate a morte in Nigeria per lo stesso peccato, per un
errore, diciamoci la verità, comprensibile sul piano umano. In una nazione come
la Nigeria, di religione diversa da quella cristiana, è stata applicata la pena
di morte per il reato di adulterio, abrogato negli anni sessanta dal nostro
codice. Eppure Gesu' fu portato davanti al Sinedrio anche con l'accusa di aver
difeso un'adultera. In verità, quando i farisei gli chiesero se dovevano
lapidarla o meno, per provocarlo e poi accusarlo di aver violato la legge di
Mosè, Gesù si trovò in grande difficoltà, tanto che, preso un pezzo di legno,
cominciò a fare degli scarabocchi sulla sabbia per prendere tempo. Dopo aver
indugiato alquanto, se ne uscì con quella frase famosa: “Scagli la prima
pietra chi è senza peccato”, che distolse i presenti dalla lapidazione. Lui
si avvicinò a lei e le disse: “Donna,
loro non ti hanno condannato e neppure io ti condanno, va e non peccare
più”. Badate bene, non era un perdono vero e proprio, egli trovò una via
per non farla uccidere, perchè Gesù era animato soprattutto da un
incommensurabile sentimento d’amore verso tutto il prossimo e specialmente
verso i peccatori. Vi dico anche un’altra ragione: non ha difeso l’adulterio,
nè ha perdonato la donna adultera, perchè lui ha creato il matrimonio su basi
solide, indissolubili, ammettendo il ripudio della moglie proprio e soltanto in
caso di adulterio. Non la volle far ammazzare perchè aveva il rispetto assoluto
della vita umana, della dignità della persona che oggi è un precetto
fondamentale della nostra vita sociale: non fare del male agli altri, non
offendere, non ingiurare, non ledere l’altrui personalità. Non c’è nessun motivo
per pensare che Cristo abbia ammesso quel peccato. Infatti nell’occasione
disse: “va e non più peccare”, quindi l’ha considerato un peccato. Come
terzo capo d’imputazione fu accusato di aver cacciato i mercanti dal tempio, un
errore politico si direbbe oggi perché si pose in quel modo contro la ricca
borghesia del tempo e quindi penso che in quella occasione lui pose una prima
firma sotto la propria condanna a morte. Ma lo accusarono anche di aver detto:
“Io distruggerò questo tempio e lo edificherò in tre giorni” e questo
quarto capo d’imputazione fu il più grave di tutti, mentre restava più generica
l'accusa di farsela con le prostitute e con i pubblicani, cioè con gli esattori
delle tasse per Roma. Un pubblicano, pensate,
era stato Matteo l’evangelista. Gli ebrei non potevano tollerare coloro
che esigevano le tasse per Roma; qui s’innesta l’episodio del tributo, quando,
alla domanda se il tributo andava pagato, lui rispose: “date a Cesare quel
che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio”. E con queste parole mise
una seconda firma sotto la sua condanna a morte, anche perchè così influenzò la
scelta finale fra lui e Barabba, come vi spiegherò. Insomma, alla fine non fu
ben visto neanche dai suoi connazionali. Su quella minaccia di distruzione del
tempio s’incentrò l’istruzione, cioè sentire dei testimoni. I Vangeli dicono
che i testimoni chiamati davanti al Sinedrio non erano concordi e quindi non
utili come prova secondo il codice Talmud, il quale prescriveva che per
condannare una persona in base ad una testimonianza erano necessari almeno due
testi concordi, ma concordi su tutto. Dovevano riferire il giorno, l'ora, il
luogo in cui avevano sentito pronunciare quelle parole. Testimoni così non ne
trovarono, non erano concordi e allora intervenne il Presidente del Sinedrio,
il grande sacerdote Caifa che era come vi ho detto il genero di Hanna.
Figuratevi oggi quante questioni di incompatibilità si farebbero in un caso
simile: suocero e genero hanno fatto il processo in casa, nello stesso palazzo,
l’istruttoria fatta da uno, il processo celebrato da un altro. Caifa teneva
certamente un cervello idoneo ad incastrare un imputato. Ed infatti dimostrò di
avere grande intuito perchè capì di avere davanti a sé una personalità che era
governata dall’utopia di un mondo diverso, dall’utopia di un mondo di amore, da
una visione della vita spiritualistica e altissima, dalla visione ed
aspirazione al Regno dei cieli. Gesù era soprattutto convinto, perchè i Vangeli
lo provano, di essere il Messia, venuto in terra a salvare gli uomini ed a portare
le loro anime nel regno dei cieli, per cui Caifa, vista fallita la prova
testimoniale, pensò abilmente di provocarlo alla bestemmia e gli pose una
domanda di fondo: “Tu sei il Messia?”, e lui rispose “Tu l’hai detto,
e vedrai il Figlio dell’uomo sedere alla destra della Potenza”, voleva dire
alla destra di Dio, che secondo la Legge non poteva pronunciare. Caifa allora
si stracciò le vesti e disse: “Ma che abbiamo bisogno più di
testimoni? costui ha bestemmiato ed è reo di morte”, e tutto il Sinedrio, confermando la condanna,
disse: “è reo di morte”.
Gesù
non fu dunque condannato, si badi bene, per i cinque capi d’imputazione che
costituivano le originarie accuse. Queste, provate o meno, non valsero per la
condanna, valse una sola cosa: aveva commesso davanti al Sinedrio una grave
bestemmia, proclamandosi Figlio di Dio. Con questa imputazione lo condannarono
alla pena di morte, che però non poteva essere
eseguita senza il beneplacito di Pilato. E che cosa potevano riferire a
Pilato? Costui ha detto di essere il figlio di Dio? Pilato era romano,
apparteneva ad un’altra religione, se credeva ai suoi dei non lo sappiamo, ma
comunque aveva il suo Giove, la sua Minerva, la sua Venere, la sua Giunone, Dio
non lo poteva concepiva come gli ebrei. Andargli a dire: guarda che costui si è proclamato il Messia non
significava niente per lui. Perciò, allorquando glielo portarono davanti,
dissero che gli avevano portato un malfattore, e poi precisarono che Gesu'
diceva di non pagare il tributo a Cesare, sobillava il popolo e si proclamava
Re dei giudei. Cambiarono versione rispetto alla condanna del Sinedrio: non
“Figlio di Dio”, ma “Re dei giudei”. Fu presentato davanti alla sua persona, ma
i giudei non accedettero al pretorio di
Pilato, per non contaminarsi entrando in zona d'infedeli prima della
consumazione della Pasqua. Gli chiese Pilato: “Sei il Re dei giudei?”
Allora Gesù disse: “Tu lo dici, io sono Re, ma il mio regno non è di questo
mondo e sono venuto a predicare la verità”, al che Pilato disse: “ma che
cos’è la verità?”. Ma non parlò con serietà, perchè Pilato, da romano, non
era incline a riflettere sulle idee astratte della verità o della virtù. Disse
“che cos’è la verità” (Quid est Veritas?) quasi fra sé e sé, come se
stesse snobbando Gesù, tanto è vero che uscì subito fuori a parlare con i
giudei, senza attendere la risposta di lui alla domanda, proprio perché non era
una domanda, ma il negare, col tono che usò, che la Verità si potesse definire.
Poi tornò nel pretorio. I giudei gli dissero che Gesù doveva morire e che se
non lo avesse condannato avrebbero informato l'imperatore. Difatti quando
Pilato rientrò nel pretorio, gli disse: senti quante te ne dicono contro. Gesù
taceva e questo silenzio meravigliò molto il governatore romano, il quale
allora gli disse: “Ma lo sai che da me dipende la tua vita o la tua morte?
io ho il potere di farti crocifiggere oppure di salvarti” e lui con calma
gli rispose: “Tu non avresti questo potere se non ti venisse all’alto”.
Riuscite ad immaginare uno di noi, deboli esseri umani, dinanzi ad uno che ci
dice: su di te ho il potere di vita o di morte. Avremmo senz’altro chiesto di
essere salvati, no?. Queste sono le parole più grandi che abbia detto Gesù,
sono di una forza che affascinò anche Nietzsche, il quale nell’ “Anticristo”
scrisse: “Quest’uomo in quel momento ci ha insegnato a vivere, come un
imputato tratta i suoi giudici e i suoi carnefici”. Nietzshe lo considera
calunniato e quindi allude a giudici prevenuti, che avevano deciso di
crocifiggerlo già prima di arrestarlo. Non esistevano avvocati a quei tempi nel
processo ebraico, almeno in quello che, come una farsa, celebrarono contro
Gesù. L’unico tentativo di salvarlo, suggerito da una raccomandazione ricevuta
dalla moglie Procula mentre sedeva in tribunale, lo fece Pilato, facendo
scegliere un prigioniero da liberare, verosimilmente sperando che fosse
liberato il pacifista Gesù, ma il popolo ebreo scelse Barabba, che era a quanto
sembra il capo di un movimento rivoluzionario. Questo movimento tendeva
soprattutto a scacciare i Romani dalla Palestina e, capeggiato da tale Eliazar,
operò fino all’anno 70, anno in cui l’imperatore Tito fece radere al suolo
Gerusalemme. Gli ebrei salvarono Barabba, perchè Barabba apparteneva alla
fazione dei falchi non a quella delle colombe, Cristo era invece un
pacificatore, come si comprende dal suo Discorso della montagna: “beati i
miti, beati i pacificatori”. Entrò in Gerusalemme con il ramoscello
d’ulivo, fermò la spada di Pietro dicendo “chi di coltel ferisce, di coltel
perisce”. Cosa si poteva aspettare il popolo ebreo da quest’uomo? Guardiamo in
concreto. Chi viene salvato nella scelta è l’uomo forte e gli uomini forti
erano quelli che volevano la lotta armata contro i romani, erano Barabba e
forse anche Giuda. Giuda lo tradì e lo fece catturare perché Gesù aveva assunto
una posizione di pacificatore che non avrebbe potuto mai far conseguire al
popolo ebraico la liberazione dal dominio di Roma, anche se bsogna dire che la
situazione l'aveva vista meglio Gesù, se si pensa alle distruzioni che subì
Gerusalemme (la successiva fu quella del 365 d. C., che sul piano religioso fu
determinante nel distacco del Cristianesimo dall'Ebraismo). I miei ricordi di
quello che una scuola improntata alla fede cattolica insegnava a noi ragazzi sono
di un Barabba assassino, brigante, e a noi sembrò un'assurdità la sua
liberazione. La verità politica e storica è diversa. Barabba era stato infatti
arrestato perchè aveva ucciso una persona in un tumulto per motivi politici,
era cioè un terrorista, un prigioniero politico (qualche studioso sostiene
che avrebbe partecipato insieme a Gesù
alla cacciata dei mercanti dal tempio), e lo salvarono perchè da lui si
potevano aspettare qualcosa, non da Gesù, il quale predicava di amare il
proprio nemico, e dal quale quindi non si poteva sperare che predicasse l'odio
contro i Romani.
Questo
è il processo a Gesù. Poi c'è da aggiungere qualcosa, nel contesto di questa
condanna, sulla valorizzazione della donna ad opera del Cristo. Ebbene, i
Vangeli hanno reso le donne testimoni della Resurrezione. Chi va al sepolcro
all’alba della terza mattina? Sono tre donne. Ho letto pure cosa dice il
Vangelo di Giovanni, però le mie idee cristologiche non concordano e chiedo
scusa ai credenti: Maria, la Madonna, sotto la croce non c’è. La madre non c’è
lungo la “Via crucis”, perchè altrimenti avremmo dovuto trovare nel racconto
evangelico qualche cenno al verosimile strazio di una madre che segue un figlio
portato alla croce. C’è invece un’altra donna, la Veronica, che gli va incontro
per asciugargli il viso madido di sudore e di sangue, fermandone così
l’immagine. I Vangeli sinottici (Matteo, Luca, Marco) dicono: le donne
osservavano da lontano. Sotto la croce vi sono tre donne, secondo l’evangelista
Matteo esse sono Maria Maddalena, Maria la madre di Giacomo e di Giuseppe, e la
madre dei figli di Zebedeo; secondo Marco, oltre alle prime due, c’era una
certa Salomè, Luca parla genericamente delle donne che avevano seguito Gesù
dalla Galilea, secondo l’evangelista Giovanni sotto la croce ci sono: la madre,
la sorella di sua madre, detta Maria di Cleopa e Maria Maddalena. Giovanni si
colloca anche lui a fianco a Maria, tanto che fa dire a Gesù: “Madre, questo è tuo figlio, figlio, questa è
tua madre”. Notevoli sono gli argomenti che rendono inverosimili le
presenze della Madonna e del discepolo Giovanni sotto la croce: se l’arresto fu
del giovedì sera, dopo la cena, ci voleva il tempo perché la notizia giungesse
a Nazareth, a 93 chilometri di distanza da Gerusalemme, ed altro tempo avrebbe
impiegato Maria per raggiungere il Golgota. Da Nazareth a Gerusalemme ci voleva
una giornata di cammino, come ci informa Luca quando parla del fanciullo Gesù
che si trattenne nel tempio con i dottori della legge all’insaputa dei
genitori. Se tra l'arresto e la morte, che avvenne alle ore 3 pomeridiane,
intercorsero al massimo una ventina di ore, tali tempi necessari perché Maria
potesse raggiungere il Golgota mancavano assolutamente. Quanti alla presenza di
Giovanni sotto la Croce, sembra strano che un discepolo si sia esposto al
rischio di essere facilmente identificato ed arrestato. Infine, a parte
l’assenza della Madonna lungo la “Via crucis”, pare strana anche l’assenza di
lei presso il sepolcro al momento della
Resurrezione, non parlandone nessuno degli evangelisti e quella alla cena di
Emmaus, dopo la Resurrezione. Non manca tuttavia qualche argomento per
sostenere che potrebbe essere in parte vero quanto afferma Giovanni. La Madonna
poteva trovarsi non a Nazareth ma ad Emmaus, distante qualche chilometro da
Gesusalemme, presso la sorella Maria di Cleopa, che lo stesso Giovanni colloca
sotto la croce insieme alla madre di Gesù. Anzi, il fatto che sia la madre che
Maria di Cleopa compaiono soltanto nel Vangelo di Giovanni potrebbe essere di
conforto alla ipotesi che le due donne siano venute insieme dalla più vicina
Emmaus. L’assenza lungo la “Via crucis” potrebbe essere spiegata con un ritardo
nell’apprendimento della notizia e la visita al sepolcro sarebbe riconducibile
ad una spontanea ed autonoma iniziativa di Maria Maddalena e delle altre donne,
rimasta ignota alla madre di Gesù. La temerarietà di Giovanni sarebbe esclusa,
se è lui il discepolo conosciuto dal grande sacerdote, di cui si parla nello
stesso evangelo poco prima dell’interrogatorio notturno. Resta pur sempre
qualche interrogativo, ad esempio sul perché Gesù si sia mostrato, dopo la
Resurrezione, alla Maddalena piuttosto che alla madre, pur avendola vista sotto
la croce con il discepolo prediletto. Nascono dubbi insuperabili sulla presenza
di Maria dalla sua assenza al sepolcro, alla cena di Emmaus. Inoltre alcuni
episodi molto significativi hanno colpito la mia attenzione critica, come
quello della visita della madre e dei fratelli nel momento in cui era
attorniato da una grande moltitudine e lui nulla fece per riceverla e
salutarla. Quando un messaggero gli
disse: “ci sono tua madre e i tuoi fratelli”, lui rispose: “chi sono
mia madre e i miei fratelli? mia madre e i miei fratelli sono quelli che mi
seguono”; una donna alla quale lui aveva fermato un flusso di sangue dal
quale nessun medico l'aveva guarita, gli disse per gratitudine: “beato il
ventre che ti portò e le mammelle che succhiasti”, ma lui rispose: “beato
il padre mio che è nei cieli”. Ma lo sentite quest’uomo che per ben due
volte il riferimento alla madre non lo vuol sentire, come se non gli facesse
piacere sentir parlare della madre? Nel vecchio testamento sta scritto: onora
il padre e la madre. A me non pare che queste parole di Gesù siano un modo
accettabile di onorare la madre.
Torniamo
alla “Via crucis”. Oltre le donne che lo seguono, c’è l’uomo di Cirene che lo
aiuta a portare la croce. Pietro non c’era, poiché si era allontanato dal
palazzo del Sinedrio per non essere arrestato e non si era più visto, salvo a
ritrovarlo poi, con Giovanni, presso il sepolcro. Si sarebbe fatto poi
crocifiggere a Roma a testa in giù, che grande figura pure questa di Pietro,
nonostante la rinnegazione. Se lungo la strada c’erano ad osservare da lontano
le donne che erano venute con lui dalla Galilea per accudirlo, non vi è
menzione invece, stranamente per noi, di altre donne che erano state molto
vicine a Gesù durante la predicazione: Marta e Maria di Betania. Betania è un
paesino alle porte di Gerusalemme. Quando i farisei lo accusavano che se la
faceva con le prostitute, probabilmente alludevano alle donne di quella casa di
Betania, che lui frequentava spesso, pernottandovi anche. Si chiamava la casa
di Simone il lebbroso, nella quale compare la figura di una “peccatrice” che
lui perdona. I figli di Simone erano: Maria, Marta e Lazzaro, che lui aveva
resuscitato dalla morte. Si deduce dalla lettura dei vangeli che egli aveva
rapporti molto cordiali con Marta e con Maria. Comunque Maria di Magdala, cioè
Maria Maddalena, che egli aveva conosciuto probabilmente agli inizi della sua
predicazione, poiché Magdala è un paesino che si trova tra Cafarnao e il lago
di Tiberiade, a 18 chilometri da Nazareth, è la donna che aveva sempre al suo
fianco ed è quella certamente presente sotto la croce, perchè tutti gli
evangelisti concordemente la nominano, così come tutti la indicano
concordemente come una delle pie donne che si recarono al sepolcro la mattina
del terzo giorno. Ed a proposito di Maria Maddalena desidero fare un
riferimento, il solo che mi consento, ai vangeli apocrifi. E' interessante un passo del vangelo detto di
Filippo, che dice: “erano tre che andavano sempre con il Signore, sua madre
Maria, sua sorella, sembra la sorella di Maria e la Maddalena, detta sua
consorte. La consorte di Cristo è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più
di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla bocca”. Sono le parole
testuali del Vangelo di Filippo. Gli altri discepoli allora gli dissero:
“perchè ami lei più di tutti noi?”. Il Salvatore rispose e disse loro: “perché,
non amo voi tutti come lei?”, avendo capito che si erano un po' ingelositi.
Nel commento a questo testo vi è un cenno ad una sorta di legame sentimentale
con Maria di Betania, sorella di Lazzaro… Dice il commento: quanto ad un legame
affettivo tra Gesù e Maria Maddalena, confusa con Maria di Betania, vi sono
altre testimonianze apocrife suggestionate dal delicato passo di Luca. Che dice
Luca, che è Vangelo della Chiesa? “un giorno Gesù mentre entrava in un
villaggio una donna di nome Marta lo accolse in casa sua; costei aveva una
sorella chiamata Maria, la quale seduta ai piedi del Signore, stava lì ad
ascoltare la sua parola”. Mi fermo qui a riflettere. Stava ai piedi di Gesù
ad ascoltare. Che si tratti della casa di Betania è certo, anche se
l’evangelista Luca non lo dice. E nella casa di Betania, prima di entrare in
Gerusalemme, venne cosparso di profumo da una donna, lo dicono anche gli altri
evangelisti Marco e Matteo. Giovanni dice: “la donna che lo cosparse di
profumo di mirra era Maria” Maria di Betania, non Maria Maddalena. Era
Maria la donna che lo unse di profumo, tanto che sorse tutta una scena di
gelosia con Giuda, che era presente, perchè la Maria aveva anche asciugato con
i suoi capelli i piedi di Gesù su cui erano cadute gocce di profumo. La
chiamano “Unzione di Betania”, una sorta di investitura del leader, prima che entrasse in Gerusalemme. In particolare,
Giuda disse: “Ma perchè tutto questo spreco! questo profumo si poteva
vendere e avremmo guadagnato trecento denari, che si potevano dare ai poveri!”
Al che Gesù rispose: “i poveri li avrete sempre con voi, me no!”.
Restiamo un momento in questo episodio della “Unzione di Betania”. E’ provato
dunque dai testi evangelici che siamo nella casa detta di Simone il lebbroso,
nella casa di Lazzaro, l’unica persona che lui fece risorgere da morte. Vi
immaginate quante persone gli avranno chiesto la resurrezione dalla morte di
persone care? Lo fece solo per Lazzaro questo miracolo, che fu il suo più
grande miracolo e che non può non ricondurre il pensiero e la riflessione alla
sua Resurrezione! Completando il discorso intorno a questa casa, che certamente
gli fu molto vicina nella settimana santa, con richiamo a ciò che racconta Luca
(10, 38), lì c’era questa Maria che s’inginocchia ai suoi piedi e lo ascolta
estasiata dalle sue parole. Mentre lo ascoltava Marta apparecchiava e siccome
doveva essere molto impegnativo quel servizio di ospitalità, ad un certo punto
disse: “Signore a te non importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola
a servire? dille dunque che mi aiuti”, ma il Signore le rispose: “Marta…Marta,
tu ti affanni e ti agiti per troppe cose, mentre una sola è necessaria, Maria
infatti ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Voleva dire,
insomma, ha scelto di ascoltare la mia parola e nessuno deve privarla di questa
sua scelta. Era quella parola d’amore che affascinava chiunque la ascoltasse,
uomo o donna non importa, o, per dir meglio, chiunque la sapesse ascoltare.
Eppoi il significativo episodio della Veronica, che va incontro ad una persona
che grondava sangue con una corona di spine per prendergli il calco del viso! E
Maria Maddalena? Era divorziata dal cognato, Gesù l’aveva liberata da sette
demoni, era una donna che forse aveva conosciuto altri amori, ebbene quella
donna, Maria di Magdala, ha amato profondamente Gesù, seguendolo fino alla
visita al sepolcro ed anche oltre, avendo lui voluto mostrarsi per prima
soltanto a lei dopo la Resurrezione. E’ un passo effettivamente delicato quello
di Luca, fine, bello, non c’è nulla di fisico però fra Gesù e Maria di
Betania, torno a dire, c’è soltanto un
uomo che affascina soprattutto con la parola, un uomo amante della buona
tavola, come lui stesso dice nei vangeli: “e’ venuto Giovanni, cioè Giovanni
battista, e dicevano (voleva dire i farisei e gli altri suoi detrattori) che
non mangiava e non beveva, è venuto il Figlio dell’uomo e dicono che è mangione
e bevone”. Quindi Gesù aveva la fama di essere amante della buona tavola ed
anche del vino. Aggiungo che a Gesù doveva piacere pure intrattenersi a tavola:
ci sono le nozze di Cana, dove trasforma l’acqua in vino, c’è la
moltiplicazione dei pani e dei pesci, e gli piacque far apparecchiare in luogo
sicuro anche l’ultima cena. Un uomo amante della vita, insomma un uomo vero!
Perciò la sua figura appare ancora più grande nel momento in cui va incontro
alla croce e non la rifiuta, anzi l’accetta con sfida, con quelle
indimenticabili parole con cui rispose all’arroganza del potere di Pilato.
Pare, inoltre, che fosse bello, o quanto meno alto e dall’aspetto maestoso.
Quando lo andarono ad arrestare, le guardie chiesero: chi è Gesù il Nazoreo?
lui rispose “sono io!” e subito dopo replicò con forza: “Vi ho detto
che sono io! lasciate stare gli altri”, così salvando i discepoli. Fu
allora, narrano sempre i Vangeli canonici che le guardie indietreggiarono e
caddero a terra…che cosa avevano visto? avevano visto, secondo me, quella
persona maestosa che appare dalla Sindone, metri 1,77 di altezza sono le
dimensioni dell’uomo della Sindone. Io alla Sindone ci credo quasi, eh?! E
comunque, anche se è un falso, è una riproduzione perfetta di quella originale,
menzionata nel Vangelo di Giovanni, vista da Pietro nel sepolcro, distinta dai
pannilini e piegata a parte.
Non
posso tacere del tutto sulla Resurrezione, pur essendo la mia una visione
razionalistica del processo che subì Gesù. Tuttavia, questo argomento aiuta
molto nel percorso del recupero di una figura di Gesù vero uomo. Tuttavia, si
può pervenire al convincimento che quest’uomo fosse munito di poteri
taumaturgici sovrumani, con quelle fortissime radiazioni che provenivano dalle
sue mani e persino dalle sue vesti, tanto che quella donna cui ho accennato,
affetta da una inarrestabile emorragia, era guarita appena era riuscita a
toccarle. E in quella precisa circostanza Gesù aveva detto ai discepoli,
increduli, che qualcuno l'aveva toccato perché aveva sentito uscire da sé una
forza, pur non avendo vistro la donna, che poco dopo, girandosi, avrebbe visto.
E' un episodio, noto come quello dell' “emorroissa”, di grandissima suggestione
ed importanza. Si può pensare che egli abbia emanato una grandissima
irradiazione, calcolata in termini di gradi, sul lenzuolo con cui fu avvolto il
suo cadavere, a tutti noto come la Santa Sindone, sulla quale sono stati
scritti molti libri, dalla cui lettura emerge che l’immagine di Gesù è stampata
in negativo, vale a dire come il negativo di una fotografia. Si son fatte tante
prove per riprodurre quell’immagine in negativo, ma nessuno c’è riuscito.
Alcuni scienziati, la scienza a volte aiuta la fede…è vero, hanno detto infatti
che c’era stata una forte irradiazione di calore, un’energia fortissima che
avrebbe impresso su quel lenzuolo l’immagine di lui e qualcuno è giunto persino
a dire che il maggior calco dell’immagine risulterebbe impresso sulla parte
superiore del lenzuolo...potrebbe essere interpretato come un segno di
elevazione……., io non credo alla Resurrezione, però a pensare questa cosa mi
vengono i brividi. Per chi sta sul cammino della ricerca della fede, la scienza
può dare una guida e un sostegno. Hanno fatto degli accertamenti con il
carbonio C/14 e qualcosa di sconvolgente
è venuto fuori dagli esperimenti su quella immagine. Ci sono questi segni di
irradiazione verso l’alto, i quali vorrebbero significare una elevazione dal
sepolcro….!
Ma
la mia razionalità riprende il sopravvento, non riesco a credere ad una
resurrezione della carne, ma soltanto a trasmettervi, a questo punto, una mia
concezione teologica della resurrezione, poiché la stessa parola “Teologia” mi
consente una interpretazione di quel mistero che non è lontana dalla logica,
verso cui è incondizionato il mio rispetto. Ebbene, a coloro che dubitano
propongo: sulla Croce muore il Dio biblico, Javeh, il Dio del diluvio, il Dio
che ordina ad Abramo di uccidere il figlio Isacco, il Dio ch’era vendicativo al
pari degli dei dell’Olimpo, e risorge il Dio dell’amore, che amava l’uomo, il
Dio del giardino terrestre, qual era prima che ne cacciasse Adamo ed Eva, il
Dio misericordioso, il Dio che si era incarnato in Gesù, non secondo la
dottrina della Fede, voglio dire incarnato nella dottrina dell’amore predicata
da Gesù. Il Dio buono è già risorto nel momento in cui, parlando per bocca di
Gesù, dice: “Perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Siamo al di qua della cacciata dal
giardino terrestre, ma nel momento in cui Adamo ed Eva non hanno ancora
mangiato il frutto dell'albero della conoscenza (anche di loro si può ritenere
che “non sanno quello che fanno” nell'atto della disobbedienza a
Dio).
E'
una mia idea. Spero che sia accettata quanto meno come segno di “religiosità”,
che, se non si identifica con la Fede, è pur sempre un valore altamente
spirituale che aiuta nella vita e salva l'anima dell'uomo dall'isolamento a cui
inerorabilmente si va incontro.
Mercogliano 11 febbraio 2015
(revisione della registrazione del 5-6-2003)
Gennaro Iannarone
N. B. Si conferma che la vicenda del processo a Gesù è stata
ricostruita sulla base dei Vangeli canonici, con la sola eccezione del richiamo
al Vangelo apocrifo di Filippo.
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