Si può esordire, e
brillantemente, nel mondo controverso della Poesia in età matura? E spiazzare
poetini e poetucole autoreferenziali e noiosamente insistenti nella Fiera delle
Vanità?
Certamente. L'ex giudice Gennaro Iannarone ci è riuscito, con l'approvazione di Barberi Squarotti, tra l'altro. Con la raccolta "QUEL FOULARD GIALLO-NERO" ridomina il panorama lirico con la nuova soggettività, sterrando una nuova area, dialogando o monologando in un portale di locazione personale, efficacissima, della parola lirica. Il vero interlocutore, resta, sottotraccia, la Poesia, che viene interpellata, interrogata su se stessa, accarezzata e dissezionata, nel contempo, per mettere a nudo le sue potenzialità, tra lirica tardo romantica e schietto confessionalismo, idillio domestico e fotogramma dell'ieri e dell'oggi, con personaggi che s'intersecano, fanno ascoltare la propria eco, imprimono una silhouette nell'immaginario di chi legge le 40 tranches de vie contenute nell'agile, ma corposissimo libretto edito da Scuderi. QUEL FOULARD GIALLO-NERO completa, ma non conclude, il percorso del precedente, e bellissimo, "VIVERE BALENANDO IN BURRASCA": un diario in versi, un titillamento della memoria, un atto di giustizia verso IL RICORDO, affinché non venga mortificato dalle nebbie del revisionismo psichico o dalle sabbie dell'oblio. Poesia di descrizioni, di soprassalti emotivi, di immagini focalizzate e fermate in un dipinto lessicale e armonico che continua ad occhieggiare a Cardarelli e a Lee Masters, con l'affiorante empatia di un Kavafis. Una poesia che incede coi ritmi della discorsività intrisa di pathos pervasivo, dove può non a caso emergere un lieve tono satirico, donando un tinteggiamento mimetico tutt'altro che sottovalutabile. Ogni testo è preceduto da un commento dell'autore, che mette sulla punta del cucchiaino la genesi dei morceaux affettivi, erotici, filosofici, morali, miticheggianti (Atteone), attinenti all'esperienza professionale (Il colore del diritto, Il colore del processo, Fama di Giudice, Giudice del mio tempo, Cinque borse nere), fino ad un bilancio terminale, schiettamente agro, che culmina con Nido di Gabbiano e con Congedo di una silloge. VIVERE BALENANDO IN BURRASCA e questo altrettanto spregiudicato QUEL FOULARD GIALLO-NERO, a mezzo di richiami logici ed elementi lirici cuciti nel tessuto interno del linguaggio espressivo, costituiscono delle teche di storia individuale che però si allarga a descrivere il mondo sia interiore sia inter-relazionale sotto osservazione poetica. Poesia, quella di QUEL FOULARD GIALLO-NERO, che è trattazione del quotidiano e della memoria che nel quotidiano irrompe in modalità, ripeto, colloquiale, non solo letteraria. Anche gli oggetti, in primis il foulard del titolo, costituiscono una compensazione del destino, si animano di un fatalismo irresistibile, forse più dei luoghi. A.S.
Certamente. L'ex giudice Gennaro Iannarone ci è riuscito, con l'approvazione di Barberi Squarotti, tra l'altro. Con la raccolta "QUEL FOULARD GIALLO-NERO" ridomina il panorama lirico con la nuova soggettività, sterrando una nuova area, dialogando o monologando in un portale di locazione personale, efficacissima, della parola lirica. Il vero interlocutore, resta, sottotraccia, la Poesia, che viene interpellata, interrogata su se stessa, accarezzata e dissezionata, nel contempo, per mettere a nudo le sue potenzialità, tra lirica tardo romantica e schietto confessionalismo, idillio domestico e fotogramma dell'ieri e dell'oggi, con personaggi che s'intersecano, fanno ascoltare la propria eco, imprimono una silhouette nell'immaginario di chi legge le 40 tranches de vie contenute nell'agile, ma corposissimo libretto edito da Scuderi. QUEL FOULARD GIALLO-NERO completa, ma non conclude, il percorso del precedente, e bellissimo, "VIVERE BALENANDO IN BURRASCA": un diario in versi, un titillamento della memoria, un atto di giustizia verso IL RICORDO, affinché non venga mortificato dalle nebbie del revisionismo psichico o dalle sabbie dell'oblio. Poesia di descrizioni, di soprassalti emotivi, di immagini focalizzate e fermate in un dipinto lessicale e armonico che continua ad occhieggiare a Cardarelli e a Lee Masters, con l'affiorante empatia di un Kavafis. Una poesia che incede coi ritmi della discorsività intrisa di pathos pervasivo, dove può non a caso emergere un lieve tono satirico, donando un tinteggiamento mimetico tutt'altro che sottovalutabile. Ogni testo è preceduto da un commento dell'autore, che mette sulla punta del cucchiaino la genesi dei morceaux affettivi, erotici, filosofici, morali, miticheggianti (Atteone), attinenti all'esperienza professionale (Il colore del diritto, Il colore del processo, Fama di Giudice, Giudice del mio tempo, Cinque borse nere), fino ad un bilancio terminale, schiettamente agro, che culmina con Nido di Gabbiano e con Congedo di una silloge. VIVERE BALENANDO IN BURRASCA e questo altrettanto spregiudicato QUEL FOULARD GIALLO-NERO, a mezzo di richiami logici ed elementi lirici cuciti nel tessuto interno del linguaggio espressivo, costituiscono delle teche di storia individuale che però si allarga a descrivere il mondo sia interiore sia inter-relazionale sotto osservazione poetica. Poesia, quella di QUEL FOULARD GIALLO-NERO, che è trattazione del quotidiano e della memoria che nel quotidiano irrompe in modalità, ripeto, colloquiale, non solo letteraria. Anche gli oggetti, in primis il foulard del titolo, costituiscono una compensazione del destino, si animano di un fatalismo irresistibile, forse più dei luoghi. A.S.
QUEL FOULARD GIALLO
NERO
Fu così che nelle mie
mani divenne messaggero
quel tuo foulard di seta dai colori di vaso greco,
giallo e nero. L'avevi lasciato a casa nella fretta
del meriggio, quando incombeva l'ora familiare.
Parvero impresse ai lati quattro teste di Medusa,
ma quando m'accostai, sorrisero altrettanti volti.
Fu allora che uno sgomento m'investì al rintuzzo
forte di un'idea che rimescolai, trepido di gioia.
Ti attese sul cuscino accanto a un sogno solitario,
tua dolce mano al mio risveglio felice lo raccolse.
quel tuo foulard di seta dai colori di vaso greco,
giallo e nero. L'avevi lasciato a casa nella fretta
del meriggio, quando incombeva l'ora familiare.
Parvero impresse ai lati quattro teste di Medusa,
ma quando m'accostai, sorrisero altrettanti volti.
Fu allora che uno sgomento m'investì al rintuzzo
forte di un'idea che rimescolai, trepido di gioia.
Ti attese sul cuscino accanto a un sogno solitario,
tua dolce mano al mio risveglio felice lo raccolse.
*
FAMA DI GIUDICE
Casa che m'infondesti
gioia come la piccola città,
in te fu la sorpresa della paternità di una bambina,
che sol di notte avvertivo nella mia appartenenza,
quando talvolta la cullavo inventandole una nenia.
Non attratto dalla grande vera felicità, mi appariva
la fama del giudice espandersi per le vie cittadine,
penetrando anche nelle pareti dov'era sorta la vita
della mia famiglia. Ignoravo che proprio là spenta
era la mia figurata gloria, e indifferenti gli sguardi
a quella mia immaginaria e vanesia appariscenza.
in te fu la sorpresa della paternità di una bambina,
che sol di notte avvertivo nella mia appartenenza,
quando talvolta la cullavo inventandole una nenia.
Non attratto dalla grande vera felicità, mi appariva
la fama del giudice espandersi per le vie cittadine,
penetrando anche nelle pareti dov'era sorta la vita
della mia famiglia. Ignoravo che proprio là spenta
era la mia figurata gloria, e indifferenti gli sguardi
a quella mia immaginaria e vanesia appariscenza.
*
TIMORE DI PEREGRINARE
Forse non è questo
l'ultimo mio approdo,
dove il timoniere la barca mi ha ancorato,
ma troppe volte il sentiero della mia vita
s'è deviato da previste rotte, ed io trepido
al pensiero di dover vagare ancora, nello
spazio di questa terra, ora che stanchezza
grava sulle spalle e ogni nuovo cammino
è duro al passo. Mi sento come gabbiano
nauseato da odore di salmastro che vuole
la riva per sua fatal quiete 1), ora che è vano
travaglio un ansioso volo sopra ogni mare.
dove il timoniere la barca mi ha ancorato,
ma troppe volte il sentiero della mia vita
s'è deviato da previste rotte, ed io trepido
al pensiero di dover vagare ancora, nello
spazio di questa terra, ora che stanchezza
grava sulle spalle e ogni nuovo cammino
è duro al passo. Mi sento come gabbiano
nauseato da odore di salmastro che vuole
la riva per sua fatal quiete 1), ora che è vano
travaglio un ansioso volo sopra ogni mare.
GENNARO IANNARONE
1) citaz.Foscolo,
Sonetto "Alla sera"

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