Gennaro Iannarone
105. EPS - EconomiaPoliticaSocietà I giovani e la legalità nella storia*
Nell'ambito dell'educazione alla legalità, ho pensato di tracciarvi per sommi capi una breve storia dei giovani, che sarà incentrata sul tema dei rapporti fra i giovani e la famiglia, fra i giovani e la scuola, fra i giovani e il potere, cioè tra i futuri cittadini, quali sarete voi, e lo Stato. Possiamo iniziare subito con un accenno alla posizione dei giovani nella società greca, poiché è in quel momento che può iniziarsi a parlare di educazione della gioventù. Come certamente avrete sentito dire, l'educazione spartana fu severa, rigorosa, quasi militaresca. Più importante, dal punto di vista dei contenuti intellettuali, e perciò non molto lontana dai moderni concetti di libertà e di democrazia, fu quella di Atene. Mentre Sparta educava soprattutto all'ordine in base ad un principio di autorità, Atene invece educava alla pratica della virtù, in base ad un principio di libertà, affinché servisse alla vita sociale. Anche voi avete senz'altro studiato qualcosa che vi ha avvicinato al metodo educativo democratico di Socrate... parliamo di Socrate perché fra tutti i filosofi fu quello più vicino ai giovani e morì perché accusato, appunto, di aver corrotto la gioventù del tempo. L'educazione nasce dunque in quel momento, quando sia in Sparta sia in Atene furono aperte delle scuole, e furono educati i giovani in un’epoca del tutto particolare per la diversità delle concezioni delle varie "polis" greche del cittadino. Sia Sparta sia Atene furono creatrici del sistema scolastico, poiché ai loro metodi bisogna fare necessariamente capo per comprendere come accadde che proprio da quel momento di istituzione delle scuole si concepì l'educazione come finalizzata a formare appunto i futuri cittadini. Questa fu la grande novità, che certamente non esisteva né sotto le mura di Troia né in altro luogo della storia antica. Anche Roma ebbe le sue scuole, ma diversa era la condizione del giovane, per il quale si può dire che nel mondo romano l'adolescenza e la gioventù non finivano mai. Caratteristica del mondo romano era infatti un prolungamento della gioventù, perché la famiglia romana era fondata su un cardine fondamentale: il governo dei padri. Il pater familias aveva in tempi antichissimi addirittura il diritto di vita e di morte sui figli, sui quali esercitava un dominio uguale a quello che aveva sui beni materiali. I figli potevano liberarsi da un'autorità così forte solo conseguendo l'emancipazione (che significava l'uscita dal mancipium, ossia dal dominio assoluto del pater familias, ed era segnata dal momento in cui vestivano la toga), il che consentiva loro di passare alla vita pubblica. In quel caso, se venivano eletti, potevano percorrere il cosiddetto "cursus honorum", cioè i vari gradi della vita pubblica romana, e ricoprire le più alte cariche, fino a diventare anche pretori o consoli. In tal caso avevano potere sui propri genitori nella vita pubblica, ma nella famiglia, nei rapporti privati, ogni giovane tornava ad essere soggetto alla rigorosa autorità paterna. Passando al Medioevo, vi troviamo una figura di giovane del tutto indefinita, o, se si vuole,
variegata. Lo possiamo vedere come soldato, come monaco, come servo della gleba, ma anche come menestrello, trovatore, simbolo di quel risveglio letterario e musicale che si ebbe dopo l'anno Mille. Tuttavia, se guardiamo al disorientamento in cui si trovano i giovani nell'epoca attuale, possiamo dire che quelli del Medioevo avevano almeno dei punti di riferimento molto chiari. Il Papa e l'Imperatore rappresentavano due ideologie che potremmo, anche anche se lontanamente, assomigliare ad alcune presenti nella storia italiana qualche ventina di anni fa, come quella democristiana (che fa pensare indubbiamente al Papa) e quella comunista (che con il suo maggior senso dello Stato e della sua laicità può far pensare all'Imperatore). C'erano dunque nel Medioevo punti di riferimento più precisi, che, senza bisogno di cercarli altrove, si avvertono chiaramente in Dante Alighieri, nella lotta per le investiture, vale a dire nella oscillazione del potere tra i1 Pontefice e l 'Imperatore. Ritengo di dover parlare brevemente a voi, che siete studenti di un istituto d'arte, delle iconografie del Medioevo. Diciamo che in esse i giovani sono raffigurati in maniera statica, passiva, stereotipata, perché scarsamente diversificati. Per capire qualcosa di più dei giovani del Medioevo bisogna fare capo alla letteratura, piuttosto che alle rappresentazioni artistiche, all’iconografia propriamente detta, laddove essi appaiono come figure senza diversità, quasi tutte uguali a se stesse. Invece dai testi apprendiamo che la gioventù era quanto mai disordinata, turbolenta, rumorosa, una gioventù che indubbiamente non aveva il senso della legalità, essendo quella un'epoca priva di principi educativi nella famiglia e soprattutto nella scuola, avendo ereditato tutto il disordine sociale portato dalle invasioni barbariche. Nel Rinascimento il comportamento sociale dei giovani continua a rendere necessario l’intervento repressivo dell’Autorità. Si legge nei testi dell'epoca che allora i giovani erano diventati i “signori della notte”, poiché dominavano le ore notturne e ne combinavano di tutti i colori per disturbare e molestare i cittadini adulti. Di conseguenza, il loro primo impatto con la legge avvenne in termini di repressione. Fu soprattutto l'Autorità religiosa, la Chiesa, che sollecitò l'adozione di misure rigorose per infrenare i giovani, e nell’ambito di questa azione repressiva si fece strada una certa attenzione alla pedagogia, come arte dell'educare che servisse a fronteggiare, o, per dir meglio, a prevenire e ad orientare il modo disordinato di vivere 1a vita da parte dei giovani rinascimentali. A qualcosa del genere, certamente in termini più blandi, bisognerebbe pensare anche oggi, specialmente se si pensa ai gruppi giovanili delle grandi città. Dopo quest’epoca abbiamo il periodo che segue al Rinascimento, quello dell’Assolutismo, ma poiché con il ritorno al mondo classico c’era stato anche un ritorno al diritto romano e quindi a un ordinamento più rigoroso della società, indubbiamente assistiamo al ritorno di una posizione più irreggimentata, chiamiamola così, della gioventù, fino ad arrivare ai secoli Seicento e Settecento in cui si verifica un fenomeno del tutto particolare quale fu quello dell’arruolamento di milioni di giovani negli eserciti (basti ricordare la Guerra dei Trent’anni, che terminò con la pace di Westfalia del 1648), cioè si ritorna un poco ad una impostazione militaresca del rapporto con la gioventù, ed è in quel momento, nel momento dell’arruolamento in eserciti, che il giovane ritrova il suo momento di soggezione all'autorità. Quindi il rapporto tra legalità e giovani si fa di nuovo rigoroso in questo periodo, fino al punto che anche dalla pittura dell'epoca vengono raffigurati ritratti di giovani di ambo i sessi che sembrano vittime di matrimoni imposti, figure di giovani tristi che si fissano entrambi negli occhi non tanto come persone innamorate ma piuttosto predestinate ai matrimoni dell'epoca, come quelle tra i figli di regnanti, di principi, di nobili di alto lignaggio, che rispecchia la legalità dell'epoca nel campo dei diritti personali e familiari. Tornando a quell' excursus storico, del quale uno dei passaggi più importanti è rappresentato dalla Rivoluzione francese, ecco, vi voglio dire che è con la Rivoluzione francese
che si afferma fra tanti altri principi, quello fondamentale che riguarda la scuola: “l'uomo è il prodotto dell'educazione che ha ricevuto”. Quindi anche voi, futuri cittadini, sarete il prodotto dell'educazione che state ricevendo nella famiglia, nella scuola ed anche e soprattutto di un'educazione alla legalità comunque ricevuta. Cominciate a pensare che con la Rivoluzione francese si ha un fenomeno nuovo e di grande importanza: l'emergenza dei giovani nella società perché, possiamo dire con un pensiero di George Sand (compagna di vita di Frederick Chopin), non sottacendo che la Sand, non progressista, non intendeva esaltare tale emergenza, che "la rivoluzione ha portato la vecchiaia nel mondo". Ognuno di voi saprà un po' di storia dell'Ottocento, saprà dei moti carbonari, saprà dell'educazione mazziniana, che con l'istituzione della "Giovane Italia" riponeva proprio nei giovani il futuro di un’Italia unita. Ed è sulla base dei principi rivoluzionari di libertà, uguaglianza e fraternità che voi acquistate un posto centrale nella storia, tanto centrale da costituire per tutto l'Ottocento un centro di attenzione da parte dei governanti, più di quanto non lo fosse stato per il passato...Ma quel che è molto importante dire, come mi viene suggerito anche dalle vostre domande, è che fra legalità e giustizia il sentimento prevalente è quello della giustizia e lo è soprattutto nei giovani, i quali lo avvertono di più, perché devono costruirsi un futuro, al contrario degli anziani che, sentendo diminuito il loro interesse alla vita, sono più disposti ad accettare lo stato delle cose e meno disposti a battersi affinché siano sradicati da una società i principi talvolta ingiusti che la governano; i quali appartengono semmai ad una legalità ormai sorpassata e non più giusta rispetto ai nuovi tempi e alle nuove idee. Senza un profondo sentimento di giustizia, l'uomo non avrebbe fatto tanti passi in avanti e tanti progressi. Se non ci fossero state tutte quelle teste che rotolarono sotto la ghigliottina, le nuove idee di libertà, uguaglianza e fraternità non si sarebbero affermate nella società francese e poi anche in quella europea in modo così forte e duraturo. Se non ci fossero stati i moti carbonari, il Risorgimento come l'avremmo fatto? E quelli che si posero contro la legalità del tempo? E non finì sul rogo chi si pose contro la Chiesa ufficiale, che rappresentava la legalità dell'epoca, nel periodo della Riforma e della Controriforma? Ma erano giuste quelle legalità o era un sistema di potere che sacrificava l'uguaglianza, opprimeva i deboli e sopprimeva la libertà di pensiero e di azione diretta a costruire un più dignitoso futuro? Queste sono le domande che una vera educazione alla legalità deve suscitare nelle vostre menti. Sono valide le regole di una società fino a quando sono giuste, cioè fino a quando tutelano con equità e con senso di umanità la vita dei cittadini. I cittadini che tendono al raggiungimento di questi valori talvolta, nel corso della storia, rompono gli argini di leggi ingiuste, le cambiano anche con atti rivoluzionari e fondano un ordine nuovo, fondato su leggi più giuste. Il nuovo ordinamento della società dà vita ad una nuova cultura e questa a sua volta prepara, anche lentamente, tempi nuovi ed assetti diversi dell’ordine sociale costituito. Voglio dire, ad esempio, che dopo la Rivoluzione francese, preceduta dalla cultura dell’Illuminismo (Diderot, D'Alambert, Voltaire tra i maggiori), i filosofi che vennero dopo (Fichte, Shelling, Hegel, tra gli altri), apprezzarono quel movimento rivoluzionario e lo trasformarono in nuovi principi culturali. Dalla struttura filosofica del sistema hegeliano venne fuori Marx. Il marxismo a sua volta, elaborato dalla mente politica di Lenin, portò alla rivoluzione bolscevica del 1917. Così abbiamo nell'alternanza della storia un movimento culturale che produce una rivoluzione e quindi un nuovo sistema legislativo. Ma quest'ultimo non dura in eterno e purtroppo man mano si sgretola perché non riesce più a regolare le trasformazioni incessanti della società. Allora sopraggiunge un nuovo corso, una nuova spinta culturale dovuta sempre al sentimento di giustizia e di eguaglianza che è stato sacrificato o per il prevalere della tendenza generale all'arroganza del potere o per l’istituzione di sempre nuovi privilegi, ed ecco che arriva a questo punto un nuovo sconvolgimento dell'ordine sociale costituito. Questa è la Legalità nella Storia e nel contempo la storia della Legalità.
Pensando agli eventi recenti, mi fermo con un solo accenno alle Torri gemelle; certo... è un episodio storico di immensa portata, si rivela in tutta la sua enorme importanza poiché, dopo averci fatto provare orrore, impegna tuttavia la nostra ragione e ci impone delle considerazioni. Io devo pensare... sono costretto a pensare... che chi sacrifica la propria vita, quelli che hanno attraversato con gli aerei le due torri... quelli... sono stati mossi da un sentimento di giustizia. O no? La giustizia è il regno del tormento di spirito, mentre la legalità è il regno della pace. Ma è quel grande desiderio di eguaglianza, che si identifica con il sentimento di giustizia... quello che crea tormento fino a far giungere le giovani generazioni alle azioni più sanguinose, alle più violente ribellioni e quindi alle rivoluzioni sociali! Chissà che cosa accadrà... dopo le Torri gemelle, chissà quali trasformazioni nel mondo, quale rivoluzione anche culturale? Sono certo che non la vedrò, ma forse non la vedrete neppure voi. Sono lenti a volte i tempi di maturazione dei cambiamenti della società. Voglio tuttavia concludere il mio discorso lasciandovi questo messaggio finale: di fronte alle incertezze del futuro giudicate sempre con la vostra testa tutti gli eventi storici a cui assisterete, non fatevi indottrinare, siate anche voi illuministi! Credo sia questa la strada più sicura per costruire il proprio futuro al fine di poter vivere, come auguro a tutti voi, una lunga era di giusta legalità.
*Discorso tenuto agli studenti dell’Istituto d’Arte di Avellino
24 gennaio 2017 Codice ISSN 2420-8442
martedì 7 marzo 2017
Educazione alla legalità (Il padre del poeta Orazio)
Gennaro Iannarone
103. EPS – EconomiaPoliticaSocietà Educazione alla legalità. Il padre del poeta Orazio*
Prima di tutto il mio saluto alle autorità, ma soprattutto ai giovani. Parlare ai giovani della Legalità non è facile. Vorrei parlarvi oggi di un poeta, Quinto Orazio Fiacco, uno dei più grandi poeti di Roma, a mio modesto parere. Forse qualcuno di voi ama Virgilio, qualcun altro ama di più Catullo... sento la vostra approvazione su quest’ultimo nome, ma capisco bene, Catullo vi è più vicino, perché anche la vostra vita sentimentale a volte è felicissima e a volte può essere tormentata, e allora ci si ritrova vicino un Catullo piuttosto che un Virgilio o un Orazio. Però io vi voglio parlare di un poeta che non solo mi è particolarmente caro per la visione serena della vita che trasmette, ma che oggi mi consente di avvicinarmi alla vostra sensibilità e di alleggerire in qualche modo il discorso sulla legalità.
Stamane, viaggiando verso Vallata per recarmi a questo Convegno, mi sono fermato al distributore dell'Agip di Mirabella Eclano e fra me e me... quasi con meraviglia... ho pensato: qui mi trovo nel territorio dell'antica Aeclanum, guarda un po', di qui probabilmente è passato Orazio, vi è passato nel suo viaggio a Brindisi! Ve l'hanno fatta studiare la Quinta Satira? Perché pensate, ragazzi, all'epoca del mio liceo parlare della Quinta Satira di Orazio era come parlare oggi nelle scuole non di educazione sessuale, ma di pornografia, e la mia professoressa di latino e greco ebbe un atteggiamento tanto puritano che non ce la fece studiare per via del sogno erotico che fa Orazio nella Taverna-Osteria di Trevico dove si fermò per una notte.
Ebbene mi sono ricordato di Aeclanum e del poeta da me molto amato, ma il mio pensiero è passato subito dopo dalla Quinta alla Sesta satira, facendomi tornare alla mente la straordinaria figura del padre di Orazio, che mi aveva suscitato ammirazione già negli anni del liceo. Perciò, ho deciso di parlare con voi di una impressione di viaggio e dell'emozione provata nel ricordarmi di questo esemplare genitore. Lui aveva in Venosa un piccolo campicello (Orazio scrive che suo padre era "macro pauper agello"). Che cosa fece il padre? Lo vendette e con quel poco danaro che ricavò decise di trasferirsi a Roma perché non volle far studiare più il figlio presso la scuola di Flavio, che era una scuoletta di provincia, ma portarlo a Roma nella più importante scuola di Orbilio, il Plagosus Orbilius di cui il poeta ricorderà nelle epistole che gli faceva leggere a suon di frusta i non graditi versi di Andronico. A Roma mise su un negozio di salsamentarius, per vivere e mantenere Orazio agli studi, avendo capito quanto valeva il figlio. Fece di tutto per migliorare la sua condizione sociale, lui che era un liberto, cioè uno schiavo liberato, Il poeta racconta che spesso i compagni di scuola gli rinfacciavano queste origini modeste, ed aggiunge che quanto più glielo rinfacciavano, tanto più lui amava suo padre. Dovette vivere di sacrifici il buon uomo, perché non credo che il maestro Orbilio si facesse pagare poco, ma i suoi sacrifici e la fede nel valore della cultura valse a far raggiungere al figlio un alto livello di vita sociale.
Questa figura di padre del tutto particolare, di cui il figlio scrive nella Sesta Satira: "... poi lui di persona mi stava a fianco, il più impeccabile degli istitutori, nel mio giro da un professore ad un altro, assillante, ossessivo, oppressivo”. Però il poeta termina col dire che se tornasse a nascere non cambierebbe i suoi genitori. Perché? Ma perché quel padre gli aveva trasmesso dei valori, perché quel padre gli aveva trasmesso quella passione per la cultura e quel senso del rispetto e del dovere che lo avrebbe reso meritevole di far parte del più importante circolo letterario romano e di poter
frequentare da amico i più grandi intellettuali dell'epoca, tanto è vero che nel viaggio da Roma a Brindisi si accompagnava a Virgilio, a Varo, al retore Eliodoro e ad altri uomini illustri.
Inoltre, quei valori acquisiti dall'educazione paterna li manifestò nella vita civile, in quel lungo periodo di pace noto come pax augustea, che fu uno dei migliori dell'impero romano, anni di quasi perfetta legalità assicurati dalla politica di Augusto, nei quali egli si dimostrò cittadino onesto ed esemplare, perché nella famiglia aveva ricevuto il senso dell'equilibrio tra diritti e doveri e della virtù, così che poté affermare a Mecenate che, benché fosse entrato nella cerchia dei ricchi e dei potenti, era rimasto, per via di quella educa zione, "vita et pectore puro".
Questo è Orazio, un uomo che visse in Roma una vita tranquilla, lontana dai lussi e dall'avidità di danaro, che venne accolto nel circolo di Mecenate nonostante che, badate bene, nella battaglia di Filippi avesse combattuto con Bruto e Cassio e quindi contro Ottaviano Augusto. Si vede che l'educazione ricevuta lo aveva reso ben accetto agli occhi delle persone che sovrintendevano alla cultura romana, nonostante i suoi trascorsi politici. Guardate, ragazzi, devono essere stati ammirevoli anche quei professori della scuola di Orbilio, e io non penso che il padre sia andato giammai a protestare con loro per qualche motivo, credo che non abbia mai compiuto un atto di illegalità, perché anche il protestare da parte dei genitori con i professori è un atto di illegalità. Oggi certamente le madri hanno assunto, rispetto ai padri, un ruolo preminente nel seguire i figli negli studi, sono più spesso loro che vanno a parlare con i professori, sono loro che vi seguono, che si informano dei vostri progressi culturali, mentre i padri sono forse troppo impegnati nel mondo del lavoro.
Ebbene, mi ha fatto piacere cogliere questa occasione per parlarvi di un poeta classico che esprime con felice ricordo tutto l'affetto, il legame fortissimo e soprattutto la riconoscenza che ebbe verso un padre che gli era stato vicinissimo, anche con severità, ma senza fargli mancare mai la sua attenta presenza. Quando tornerete a casa e rivedrete vostro padre, pensate al padre di Orazio, pensate a questo onnipresente precettore, ossessivo e moraleggiante, ma di cui il figlio dirà che lo vorrebbe eguale se tornasse a nascere ... Chiedetevi della presenza dei vostri genitori nei momenti della vostra vita di giovani e di studenti...
Ecco, io vorrei terminare con questa parola... "la presenza", perché penso che il recupero della legalità passa nella famiglia, nella scuola, nello Stato, attraverso una maggiore "presenza" dell'autorità. Anche noi giudici abbiamo bisogno di alcune significative presenze perché siamo in difficoltà, in quanto soffriamo il travaglio di uomini e di giudici. Stiamo in un periodo in cui non si sa ancora come affrontare un processo perché tante sono le regole da interpretare. Noi pure abbiamo bisogno di sentire uno Stato che stia vicino a noi, per darci forza, per non toglierci quella passione con cui svolgiamo il nostro mestiere, ma siete soprattutto voi giovani ad aver bisogno nella scuola di quelle presenze vivificanti che vi trasmettano la passione per la cultura. Di là verrà poi, lo speriamo, il recupero del senso del dovere e il salvataggio di questa democrazia. Grazie... (applausi)
*Discorso tenuto dal giudice Iannarone agli studenti dell’Istituto Superiore di Vallata (AV)
12 dicembre 2016 Codice ISSN 2420-8442
103. EPS – EconomiaPoliticaSocietà Educazione alla legalità. Il padre del poeta Orazio*
Prima di tutto il mio saluto alle autorità, ma soprattutto ai giovani. Parlare ai giovani della Legalità non è facile. Vorrei parlarvi oggi di un poeta, Quinto Orazio Fiacco, uno dei più grandi poeti di Roma, a mio modesto parere. Forse qualcuno di voi ama Virgilio, qualcun altro ama di più Catullo... sento la vostra approvazione su quest’ultimo nome, ma capisco bene, Catullo vi è più vicino, perché anche la vostra vita sentimentale a volte è felicissima e a volte può essere tormentata, e allora ci si ritrova vicino un Catullo piuttosto che un Virgilio o un Orazio. Però io vi voglio parlare di un poeta che non solo mi è particolarmente caro per la visione serena della vita che trasmette, ma che oggi mi consente di avvicinarmi alla vostra sensibilità e di alleggerire in qualche modo il discorso sulla legalità.
Stamane, viaggiando verso Vallata per recarmi a questo Convegno, mi sono fermato al distributore dell'Agip di Mirabella Eclano e fra me e me... quasi con meraviglia... ho pensato: qui mi trovo nel territorio dell'antica Aeclanum, guarda un po', di qui probabilmente è passato Orazio, vi è passato nel suo viaggio a Brindisi! Ve l'hanno fatta studiare la Quinta Satira? Perché pensate, ragazzi, all'epoca del mio liceo parlare della Quinta Satira di Orazio era come parlare oggi nelle scuole non di educazione sessuale, ma di pornografia, e la mia professoressa di latino e greco ebbe un atteggiamento tanto puritano che non ce la fece studiare per via del sogno erotico che fa Orazio nella Taverna-Osteria di Trevico dove si fermò per una notte.
Ebbene mi sono ricordato di Aeclanum e del poeta da me molto amato, ma il mio pensiero è passato subito dopo dalla Quinta alla Sesta satira, facendomi tornare alla mente la straordinaria figura del padre di Orazio, che mi aveva suscitato ammirazione già negli anni del liceo. Perciò, ho deciso di parlare con voi di una impressione di viaggio e dell'emozione provata nel ricordarmi di questo esemplare genitore. Lui aveva in Venosa un piccolo campicello (Orazio scrive che suo padre era "macro pauper agello"). Che cosa fece il padre? Lo vendette e con quel poco danaro che ricavò decise di trasferirsi a Roma perché non volle far studiare più il figlio presso la scuola di Flavio, che era una scuoletta di provincia, ma portarlo a Roma nella più importante scuola di Orbilio, il Plagosus Orbilius di cui il poeta ricorderà nelle epistole che gli faceva leggere a suon di frusta i non graditi versi di Andronico. A Roma mise su un negozio di salsamentarius, per vivere e mantenere Orazio agli studi, avendo capito quanto valeva il figlio. Fece di tutto per migliorare la sua condizione sociale, lui che era un liberto, cioè uno schiavo liberato, Il poeta racconta che spesso i compagni di scuola gli rinfacciavano queste origini modeste, ed aggiunge che quanto più glielo rinfacciavano, tanto più lui amava suo padre. Dovette vivere di sacrifici il buon uomo, perché non credo che il maestro Orbilio si facesse pagare poco, ma i suoi sacrifici e la fede nel valore della cultura valse a far raggiungere al figlio un alto livello di vita sociale.
Questa figura di padre del tutto particolare, di cui il figlio scrive nella Sesta Satira: "... poi lui di persona mi stava a fianco, il più impeccabile degli istitutori, nel mio giro da un professore ad un altro, assillante, ossessivo, oppressivo”. Però il poeta termina col dire che se tornasse a nascere non cambierebbe i suoi genitori. Perché? Ma perché quel padre gli aveva trasmesso dei valori, perché quel padre gli aveva trasmesso quella passione per la cultura e quel senso del rispetto e del dovere che lo avrebbe reso meritevole di far parte del più importante circolo letterario romano e di poter
frequentare da amico i più grandi intellettuali dell'epoca, tanto è vero che nel viaggio da Roma a Brindisi si accompagnava a Virgilio, a Varo, al retore Eliodoro e ad altri uomini illustri.
Inoltre, quei valori acquisiti dall'educazione paterna li manifestò nella vita civile, in quel lungo periodo di pace noto come pax augustea, che fu uno dei migliori dell'impero romano, anni di quasi perfetta legalità assicurati dalla politica di Augusto, nei quali egli si dimostrò cittadino onesto ed esemplare, perché nella famiglia aveva ricevuto il senso dell'equilibrio tra diritti e doveri e della virtù, così che poté affermare a Mecenate che, benché fosse entrato nella cerchia dei ricchi e dei potenti, era rimasto, per via di quella educa zione, "vita et pectore puro".
Questo è Orazio, un uomo che visse in Roma una vita tranquilla, lontana dai lussi e dall'avidità di danaro, che venne accolto nel circolo di Mecenate nonostante che, badate bene, nella battaglia di Filippi avesse combattuto con Bruto e Cassio e quindi contro Ottaviano Augusto. Si vede che l'educazione ricevuta lo aveva reso ben accetto agli occhi delle persone che sovrintendevano alla cultura romana, nonostante i suoi trascorsi politici. Guardate, ragazzi, devono essere stati ammirevoli anche quei professori della scuola di Orbilio, e io non penso che il padre sia andato giammai a protestare con loro per qualche motivo, credo che non abbia mai compiuto un atto di illegalità, perché anche il protestare da parte dei genitori con i professori è un atto di illegalità. Oggi certamente le madri hanno assunto, rispetto ai padri, un ruolo preminente nel seguire i figli negli studi, sono più spesso loro che vanno a parlare con i professori, sono loro che vi seguono, che si informano dei vostri progressi culturali, mentre i padri sono forse troppo impegnati nel mondo del lavoro.
Ebbene, mi ha fatto piacere cogliere questa occasione per parlarvi di un poeta classico che esprime con felice ricordo tutto l'affetto, il legame fortissimo e soprattutto la riconoscenza che ebbe verso un padre che gli era stato vicinissimo, anche con severità, ma senza fargli mancare mai la sua attenta presenza. Quando tornerete a casa e rivedrete vostro padre, pensate al padre di Orazio, pensate a questo onnipresente precettore, ossessivo e moraleggiante, ma di cui il figlio dirà che lo vorrebbe eguale se tornasse a nascere ... Chiedetevi della presenza dei vostri genitori nei momenti della vostra vita di giovani e di studenti...
Ecco, io vorrei terminare con questa parola... "la presenza", perché penso che il recupero della legalità passa nella famiglia, nella scuola, nello Stato, attraverso una maggiore "presenza" dell'autorità. Anche noi giudici abbiamo bisogno di alcune significative presenze perché siamo in difficoltà, in quanto soffriamo il travaglio di uomini e di giudici. Stiamo in un periodo in cui non si sa ancora come affrontare un processo perché tante sono le regole da interpretare. Noi pure abbiamo bisogno di sentire uno Stato che stia vicino a noi, per darci forza, per non toglierci quella passione con cui svolgiamo il nostro mestiere, ma siete soprattutto voi giovani ad aver bisogno nella scuola di quelle presenze vivificanti che vi trasmettano la passione per la cultura. Di là verrà poi, lo speriamo, il recupero del senso del dovere e il salvataggio di questa democrazia. Grazie... (applausi)
*Discorso tenuto dal giudice Iannarone agli studenti dell’Istituto Superiore di Vallata (AV)
12 dicembre 2016 Codice ISSN 2420-8442
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